È curioso come noi tutti ci concentriamo sui dettagli perdendo di vista l’insieme: è una prerogativa umana, ci rende molto efficaci ma spesso deficienti, cioè persone che deficitano del contesto a favore del contenuto.
In verità è molto difficile vedere l’insieme perché, per tanto che ci sforziamo, non riusciamo mai a percepirlo completamente. Mi spiego meglio: noi viviamo dei risultati dell’attività del nostro cervello e. non sappiamo che cosa produce risposte, rendendoci ciò che siamo.
Se andiamo nei dettagli possiamo vedere le piccole operazioni. chimico- fisiologiche del nostro cervello che sono i dettagli, ma l’insieme, ovvero la risposta, costituisce il punto essenziale.
Quanto mi è utile conoscere l’operazione chimico fisiologica che il mio cervello produce per darmi una risposta? Se la voglio manipolare è molto importante, ma a questo punto dovrei sostituire il mio cervello con un altro cervello che mi dice cosa sta facendo il primo e come posso modificare la sua prestazione. A questo punto sarei da capo, dal momento che il secondo cervello dovrebbe essere libero da operazioni manipolabili perché altrimenti dovrei trovare modo di evitare questa manipolazione con un terzo cervello che a sua volta però avrebbe tutti i problemi del primo e del secondo. Credo che non possiamo uscire fuori dal dubbio come non possiamo uscire fuori dalla miopia delle cause, quindi dalla sensazione di casualità. Tutta la vita umana si basa sul fatto che se conosciamo una certa cosa e con essa definiamo e chiudiamo il nostro mondo, avremo difficoltà a vedere altre cose quando questa conoscenza mi impegna nel dettaglio e mi forza a vedere l’insieme in funzione del dettaglio.
Insomma, il dettaglio finisce per diventare il tutto, coprendo in questo modo il vero tutto.
Mi ricordo una storiella che racconta di un medico molto famoso in Cina, così famoso che tutti lo cercavano per curarsi, finché a qualcuno venne in mente di chiedersi se ci fosse un medico più bravo, si venne a capo che suo fratello minore era più bravo di lui, a differenza sua non era molto conosciuto ma riusciva a curare le persone in modo più risoluto. La cosa non si fermò qui: la curiosità e l’interesse portarono a cercare se ci fosse un altro medico ancora più bravo: si scoprì che c’era un medico migliore ma era così bravo che nessuno lo conosceva perché curava le malattie prima ancora che queste si presentassero. Sembra quasi un paradosso ma se io potessi curare una cosa prima ancora che questa avvenga come potrei essere famoso grazie alle cure che faccio? Per essere famosi bisogna curare come le persone si aspettano di essere curate e non curarle in modo che loro non conoscano d’esser state curate. Penso che ora abbiate compreso cosa intendevo dire col titolo di questo mio breve articolo: la probabilità diventa l’incertezza. quando cambio i ruoli tra figura e sfondo, vedo il dettaglio al posto dell’insieme, e mi perdo In livelli logici diversi, livelli che potrebbero farmi dire che «non potrei accettare di appartenere a un gruppo che accettasse trai suoi membri uno come me».
Le cose devono succedere affinché noi possiamo prendere consapevolezza del nuovo: non possiamo prevedere davvero il nuovo, ma nel tentativo di prevedere il nuovo non rischiamo solo di non capire quale sarà questo nuovo, rischiamo di entrare in una completa confusione, in un’incertezza legata alla mancanza di esperienza. È importante prevedere la ripetizione, come una preghiera, delle cose che riteniamo importanti per noi. Solo così riusciamo a mantenere saldo il contributo alla nostra identità fondamentale alla nostra vita. Oggi più che mai la complessità rischia di stroncare ogni tipo di possibile previsione e dunque ed è essenziale rimanere saldi a un’identità. Il resto, e il mondo, la realtà, li possiamo sempre dipanare con semplicità, in modo funzionale, e forse anche con ingenuità ma sicuramente in modo libero rispetto alla nostra identità consolidata.