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La cibernetica snocciolata.
Sviluppi epistemologici della seconda cibernetica.

PREFAZIONE.


Marco Chisotti

Tenterò in queste pagine di affrontare il problema della mia conoscenza, di ciò che mi ha portato a dire, e sopratutto di quello che mi ha spinto a sostenere il mio punto di vista.
Dal momento che la conoscenza non si riduce a delle semplici informazioni ha bisogno di strutture teoriche che danno un senso alle informazioni; ci si rende facilmente conto che se si possiedono troppe informazioni e poche strutture mentali, l’eccesso di informazioni si trasforma facilmente in una nube confusiva e poco chiara nella propria mente.
D’altro canto é pur vero che troppe teorie oscurano altrettanto facilmente la conoscenza. Una teoria rigida si chiude su se stessa, crede di possedere la realtà o la verità, ha già previsto tutto in anticipo.
Se é vero che la nascita di un’idea e il suo sviluppo necessitano di un campo intellettuale aperto, nel quale opposte teorie e visioni del mondo si combattono; se é vero che ogni novità si presenta come minaccia o come insensatezza ai sostenitori delle discipline stabilite, allora il mio tentativo si può ben inserire in un intento da un lato di mantenere e sviluppare un pluralismo teorico (ideologico, filosofico), dall’altro di proteggere la mia devianza.
Personalmente mi trovo a vivere in una cultura di cui la scienza ne fa parte, mi trovo a scoprire quanto una certa cultura comporti una particolare visione del mondo, al tempo stesso sono limitato e favorito dalle mie conoscenze.
Mi sono accorto che attraverso il mio lavoro man mano che procedevo ad organizzare le informazioni si formavano in me nuove certezze che mostravano come il mio vecchio modo di pensare si fosse basato su pseudo-certezze, ma sopratutto ho scoperto l’esigenza di costruirmi un modo di pensare coerente rispetto ai presupposti da cui parto.
I miei progressi nella conoscenza non sono identificabili con l’eliminazione dell’ignoranza, mi trovo tuttora immerso nell’incertezza, un incertezza scaturita proprio dalla mia conoscenza. Per me conoscere é stato negoziare, lavorare, discutere, in un tentativo continuo di nuove chiarezze che molto spesso si risolvevano in nuove ombre. Mi scuso fin d’ora per l’incompiutezza di questo mio tentativo che volutamente si presenta frantumato in parti come un mosaico in costruzione.
L’approccio da me seguito é quello sistemico, fondamentalmente per due ragioni mi trovo a sostenerne la validità: da un lato la rilevanza di tale modello nel mettere in luce le proprietà “gestaltiche” dell’organizzazione del reale; dall’altro lato la possibilità di riscontrare proprietà “gestaltiche” comuni a differenti livelli di tale organizzazione, e quindi la possibilità di creare delle generalizzazioni.
La nozione di sistema prende originalità nel momento in cui invece di completare la definizione delle cose, degli oggetti, gli si sostituisce; soltanto in questo modo il sistema opera necessariamente una rottura con l’ontologia classica dell’oggetto.


Edgar Morin

 

Per Edgar Morin il concetto di sistema ha in sé (33):
1. Il sistema (che esprime sia l’unità complessa ed il carattere fenomenico del tutto, sia il complesso delle relazioni fra il tutto e le sue parti).
2. Le interazioni (ciò che esprime l’insieme delle relazioni, azioni e retroazioni che si effettuano e che interessano in un sistema).
3. L’organizzazione (ci che esprime il carattere costitutivo delle interazioni; quel che forma, mantiene, protegge, regola, regge, rigenera; quel che fornisce al sistema la sua colonna vertebrale).
La concezione complessiva del sistema si articola da un punto di vista fisico per le sue condizioni di formazione e di esistenza (interazioni, congiuntura ecologica, condizioni e operazioni energetiche e termodinamiche), anche un sistema di idee possiede una componente fisica; da un punto di vista psichico per le sue condizioni di distinzione o di isolamento, per la scelta di riflessione critica (come la relatività delle nozioni e delle frontiere del sistema), per la capacità diagnostica.
Per quanto concerne la psicologia applicata l’approccio sistemico sembra offrire un valido contributo al suo sviluppo possedendo validi strumenti d’analisi e di sintesi delle sue problematiche. Mi riferisco in particolare alla terapia familiare, il più evidente esempio di applicazione del modello sistemico, ma anche all’interno della terapia cognitiva al suo orientamento sistemico- processuale.
Nell’approccio sistemico, in realtà, se dal punto di vista teorico sembra delinearsi un orizzonte preciso entro il quale affermare le proprie convinzioni, l’ambito della pratica riserva una continua ricerca di nuove strategie che permettano di superare i limiti della situazione in atto.
Un tale modo articolato di procedere nella costruzione e nello sviluppo del sistema preso in considerazione mi ha portato a scontrarmi in modo contraddittorio con differenti epistemologie nell’ambito della pragmatica terapeutica. Il mio lavoro nella ricerca degli sviluppi epistemologici della seconda cibernetica ha senz’altro risentito di tale difficoltà.
Non mi rimaneva che affrontare il discorso nella sua totale complessità pur consapevole dei rischi cui andavo incontro. Affrontare la complessità, infatti, é affrontare l’incertezze e le contraddizioni; il pensiero nella sua complessità é un’avventura che rischia ad ogni istante la confusione o la semplificazione (non è possibile d’altronde dimenticare che si semplifica per ragioni pratiche ed euristiche).
Il paradigma della complessità porta inevitabilmente alla ricerca di un metodo che non é altro che l’attività pensante del soggetto (nel caso specifico la mia attività e dunque il mio metodo che, ancora in embrione, spero di affinare).
Il metodo diventa centrale nel momento che si riconosce che la conoscenza non é accumulazione di dati o informazioni, bensì la loro organizzazione; che la logica non é più perfetta ed assoluta; che c’é incertezza e tensione nella conoscenza. il metodo é attività pensante e cosciente , ed il pensiero cosciente é l’unico capace di trasformare le condizioni del pensiero stesso.
Questo é l’intento che mi sono prefissato, tentare il recupero del processo di elaborazione teorica che si trova alla base del mio lavoro trovandomi ad interessarmi di terapia familiare. Per questa ragione il lavoro che presento, riportando il contributo di differenti autori, si presenta frammentario, volendo per lo più sottolineare la grande complessità , pur nell’ambito di un discorso relativamente recente, degli sviluppi epistemologici emergenti.
INTRODUZIONE.
Morin organizzazione metodo e cognizione. “L’unica conoscenza che valga é quella che si alimenta di incertezza e il solo pensiero che vive è quello che si mantiene alla temperatura della propria distruzione.” (32)
Queste parole di Morin mi rieccheggiano nella mente in un modo del tutto originale credo, spengono l’interruttore del mio pensiero, ecco però aprirsi lo spiraglio del nuovo, dell’innovatore Morin, il nostro pensiero deve ormai superare ciò che non si pensa, ciò che lo comanda e lo controlla., é giunto il momento di ripensare la nostra struttura di pensiero.
Il problema principale é recuperare l’organizzazione della nostra conoscenza, è necessario riapprendere ad apprendere. E forte a questo punto il concetto di metodo, Morin non offre un metodo, va alla ricerca del metodo, apprendere ad apprendere, il deutero-apprendimento di Bateson (4) questo é il metodo.


Von Neumann

Il discorso sfocia immediatamente nell’autorganizzazione, in particolare il “self- reproducing automata” di von Neumann (35), ovvero il funzionamento dell’automa naturale (l’essere vivente) con il disordine; il principio di “order from noise’1 di von Foerster (18), auto-organizzazione con il disordine; il caso organizzatore di Atlan (l); tutti accenni ad un concetto essenziale, l’organizzazione, che possiede in sé il potere di “materializzare’1 il pensiero astratto. Organizzare significa determinare dei vincoli descrittivi, forma spaziale, volume, confini ecc.; significa creare delle interazioni tra gli elementi presi in considerazione, di tipo selettivo; significa definire l’esistenza di energia disponibile all’interazione; significa dunque autoprodurre, attraverso l’energia disponibile e le interazioni ipotizzate, organizzazione.

 

Da cosa nascono ordine ed organizzazione se non da un non ancora definibile ordine ed organizzazione, in altre parole quel che é definibile disordine. Una sorta di infinita circolarità tra disordine interazione —- > ordine —- > organizzazione.
Il concetto di sistema si aggiunge a quello di organizzazione, in particolare è l’unità globale organizzata di interrelazioni tra elementi, azioni, o Individui. Così allo stesso modo la mente non é che un sistema, così come nella descrizione può venir dettagliata, quindi esiste in funzione del metodo seguito nel descriverne la sua organizzazione, ancora una volta la realtà è il nostro modo di percepire, di concepire e di pensare In maniera organizzazionale ciò che ci circonda.
Tutto sembra strutturarsi a livelli differenti di organizzazione, gli uni separati operativamente dagli altri, la coscienza della qual cosa, cioè la qualità dotata di potenzialità organizzatrice in grado di retroagire sull’essere stesso, di modificarlo, di svilupparlo ecc., é limitata alla necessità operativa del proprio livello organizzativo. Mi spiego più semplicemente, alla cellula non é dato di sapere e di godere del senso organizzativo dell’individuo di cui ne fa parte, così come all’individuo non é dato di sapere il senso organizzativo della società di cui fa parte, anche se ad entrambi i livelli credo possano essere ipotizzabili spiegazioni differenti in funzione, per logica conseguenza. del proprio livello di organizzazione.
La coscienza, intesa come prodotto globale di interazioni e di Interferenze cerebrali inseparabili dalle interazioni e dalle interferenze della cultura sul l’individuo, diviene il chiaro strumento autorganizzatore di significato che restituisce autonomia di evento unico, entro i vincoli descrittivi dell’individuo cos i come esso viene concepito, all’azione del sistema preso in considerazione.
Il sistema é irriducibile a livello quantitativo, bensì é unicamente esprimibile attraverso la considerazione della sua stessa organizzazione. La forma stessa, Gestalt, non é più considerabile essenza ma passa ad essere idea di esistenza e quindi di organizzazione, la percezione infatti é il frutto di un processo operativo ben preciso all’interno di una data organizzazione.
Per avvicinare il pensiero di Morin agli sviluppi, nell’ambito della psicologia, del cognitivismo vorrei sottolineare che lo sviluppo della corrente cognitivista nell’ambito terapeutico ha dato origine a due differenti correnti: la prima quella dei terapeuti cognitivi tradizionali con un’impostazione prevalentemente empirista, che postula un ordine esterno, indipendente, oggettivo, unico per tutti identifica nella razionalità.
Intesa come un insieme (di norme e assiomi universali, la verità, nella non razionalità il falso; la seconda, che si differenzia nettamente dalla prima, rompendo col paradigma empirista, considerarla come un insieme di processi (un “network”), a più livelli irriducibili tra loro.
La realtà in questo caso passa ad essere pluralista e processuale, é l’osservatore che la rende unica introducendovi il suo ordine, ciò che viene definita realtà é il prodotto dell’interazione tra osservatore e ambiente.
Questo vero e proprio mutamento epistemologico, sottolineato molte volte da Morin, si riscontra anche nell’odierno cognitivismo a orientamento sistemico-processuale, è un traguardo non da poco essere riusciti a restituire all’uomo la sua capacità autorganizzatrice di costruttore di quest’ordine. Già Bateson (3) sosteneva che ciò che noi percepiamo sono delle differenze, delle informazioni di differenza, e che ciò che noi vediamo, il mondo come lo vediamo, é una nostra costruzione, c’é una mappa e un territorio e la mappa non é il territorio.

Humberto Maturana

Ciò che riporta Maturana (27) sul rapporto tra mondo esterno e mondo interno é, a
mio parere, un passo ulteriore nel considerare gli sviluppi della cognizione dell’individuo; egli infatti ritiene che non ci sia differenza tra illusione e percezione, arrivando così a identificare la mappa col territorio; nel dire ciò riesce ad evitare il rischio del solipsismo ingenuo sostenendo che la nostra realtà é costruita in accoppiamento strutturale con gli altri simili che avviene attraverso il linguaggio, nel dominio linguistico.
Il pensiero di Morin (31) sottolinea da un lato il concetto di metodo (come formula indispensabile da seguire se si vuole comprendere la cognizione), e dall’altro quello di organizzazione (come struttura che connette i vari elementi in un ordine preciso).
E’ attraverso la complessità, e solo attraverso il suo inevitabile incontro nell’ambito della scienza e dei suoi sviluppi, che si accede alla comprensione della cognizione dell’uomo. La complessità passa attraverso l’irriducibilità del caso e del disordine, visti come momenti indispensabili nella costruzione dell’ordine e dell’organizzazione; il recupero dell’evento unico, l’uomo come evento alea, singolarità; complementarietà e antagonismo tra ordine,disordine e organizzazione; il considerare il sistema più della somma delle sue parti, per le proprietà emergenti dalla nuova organizzazione, ma allo stesso tempo anche meno della somma delle sue singole parti, nei termini che l’organizzazione impone vincoli che possono inibire talune potenzialità riscontrabili nelle sue parti. La complessità é inevitabilmente da tener in considerazione se si vuole trattare l’epistemologia cibernetica. Morin (34)cita a riguardo: “Possiamo dire che il mondo é nella nostra mente, che é nel nostro mondo”. L’oggetto della conoscenza, in altre parole, é la fenomenologia e non la realtà ontologica. La nostra mente/cervello ‘produce’ quel mondo che ha prodotto la mente/cervello. Noi produciamo la società dalla quale siamo prodotti.”
La scienza é una strategia di conoscenza, c’è bisogno di una strategia per muoversi entro la complessità, la strategia é l’arte di utilizzare le informazioni che si producono nell’azione, di integrarle, di formularne gli schemi di azione per sapersi muovere nell’incerto, gli schemi di azione nascono da continue correlazioni effettuate dall’individuo tra il suo apparato sensoriale ed il suo apparato motorio.
Dalla prima cibernetica verso la costruzione di una nuova epistemologia.
La cibernetica rientra nella scienza che si interessa di struttura ed organizzazione, nel compiere il salto paradigmatico dalla materia alla struttura si vanno a modificare le metafore relative alla materia ( fisica, corpo, sostanza, energia, mondo fisico, analisi quantitativa … ) in quelle relative alla struttura ( cibernetica, forma, mente, comunicazione, mondo biologico, organizzazione della totalità, analisi qualitativa … ).


Gregory Bateson

Come ci fa notare Bateson G. (5): “Tutte le metafore tratte da un mondo fisico di impatti, forze, energia ecc. sono inaccettabili nelle spiegazioni di eventi e processi del mondo biologico dell’informazione, finalità, contesto e significato.” I cibernetici dal canto loro ci ricordano che la fisica é una branca della cibernetica dal momento che si interessa di strutture che si sono stabilizzate nella materia.
Che sia il modello o struttura che organizza il processo fisico e mentale é l’idea che ha dato origine alla cibernetica, alla base della quale troviamo il concetto di Retroazione, comando di un sistema attivato col reinserimento nello stesso dei risultati del suo comportamento. Nell’apprendimento e nel cambiamento il sistema é interessato ad alterare o a fissare la retroazione.
Von Neuman e Morgenstern (35) un tempo osservarono che andava inventata un’ipotesi fittizia, al pari della particella newtoniana della fisica, per costruire una scienza del comportamento. L’idea di una rete ricorsiva a struttura retroattiva ha fornito tale ipotesi. Miller, Galanter, Pribam, nella loro opera Piani e strutture del comportamento hanno proposto il circuito a retroazione come elemento fondamentale nella costruzione della scienza del comportamento. Attraverso tale ipotesi si sono costruiti ordini ricorsivi su ordini ricorsivi, fino a costituire il sistema stesso.
Dallo studio della scatola nera, intesa come processore di input ed output, nel contesto della prima cibernetica, si é passati alla cibernetica della cibernetica, in cui l’osservatore entra nel sistema fissando il proprio obiettivo.
La seconda cibernetica, come é definita da Heinz von Foerster, inserisce l’osservatore in ciò che è osservato, questo orientamento scandisce il separarsi da un modo di pensare unidirezionale ad un modo di pensare sistemico mutualistico, studiando le proprietà dell’osservatore si abbandona la preoccupazione per ciò che si osserva. I cibernetici definiscono la seconda cibernetica un modo di descrivere i sistemi come operativamente chiusi ed autonomi, un’integrità già specificata da Bertalanfy nella sua teoria generale sui sistemi. Un sistema si considera operativamente chiuso quando é completamente autoreferente.

Francisco VarelaFrancisco Varela

Furono i biologi Maturana e Varela (43) tra i primi ad orientarsi verso lo studio del sistema come operativamente chiuso. La loro ipotesi in un primo tempo non trov6 riscontro: nel loro studio sulla vista della rana cercarono di correlare l’attività dell’occhio con l’esterno, ebbero i loro risultati al contrario quando presero in considerazione il rapporto che intercorreva tra l’occhio ed il cervello, senza considerare l’esterno. Come constata giustamente Varela, se tutto ciò che si crede di percepire provenisse dalla retina saremmo come strumenti di una catena di montaggio, non avremmo altro ruolo che quello di trasmettere ciò che abbiamo messo assieme.
Nuovi orizzonti oltre la scatola nera.
Come già accennato le diverse prospettive della seconda cibernetica hanno abbandonato il modello della scatola nera, mentre la cibernetica semplice aveva elaborato sistemi semplici di primo ordine presenti negli organismi semplici e nelle macchine, la seconda cibernetica fornisce un sistema di controllo sufficientemente ricco da permettere di affrontare con successo processi di second’ordine come la cognizione, Il dialogo, l’interazione socio-culturale ecc.
Il modello sistemico prendendo le mosse da una revisione cognitivo-costruttivista, si é orientato alla formazione di una nuova epistemologia, un nuovo orientamento questo che prende le mosse da un insieme di premesse basilari.
Un primo presupposto, di matrice cognitivista, considera l’individuo come in grado di rappresentarsi l’ambiente e non semplicemente di reagire ad esso. L’individuo é un sistema coerente, in grado di filtrare la realtà, strutturato attraverso costrutti, sistemi di credenze, che lo pongono In grado di organizzare il proprio comportamento in un contesto infarcito di scopi, intenzioni, piani e strategie.

Milton Erickson

Altra premessa basilare sorge nel considerare scopi, piani, sistemi di credenze. nonché sentimenti ed emozioni dell’individuo, come strutture mantenute unicamente attraverso l’interazione sociale. Viene definita la presenza di un feedback ricorsivo che organizza l’attività mentale (e di conseguenza i singoli comportamenti), correlandola al contesto relativo in cui il soggetto si trova a vivere. Nasce in questo modo l’opportunità di considerare l’interdipendenza ed il co-adattamento di reciproche premesse, credenze e scopi alle quali l’individuo fa riferimento nel complesso, già negli anni ‘30 Milton Erickson utilizzava in clinica, senza darci peso, una visione che gli permettesse di considerare tutto l’ambiente nel quale si trovava a vivere l’individuo (il suo ecosistema).Solo però nel momento che si é cominciato a sistematizzare il lavoro con studi mirati a casistiche precise si é potuto dare forma ad un modello teorico e quindi svilupparne le applicazioni.


Paul Watzlawick
Tra i primi sulla strada di una tale riorganizzazione epistemologica si possono elencare i ricercatori dell’MRI (Mental Reserch Institute) di Palo Alto In California, Watzlawick, Beavin, Jackson, nel loro libro “La pragmatica della comunicazione” (45) hanno affrontato il problema della comunicazione con l’ausilio della cibernetica della logica e della teoria dei giochi. In particolare sono essenziali i loro assiomi sulla comunicazione:

 

 

 

 


D. Jackson

Non si può non comunicare.
Ogni comunicazione ha un’aspetto di contenuto e un aspetto di relazione di modo che il secondo classifica il primo ed é quindi metacomunicativo.
La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti.
Gli esseri umani comunicano sia a livello analogico (non verbale, paraverbale) che digitale (verbale, numerico).
Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza.
Da questi primi studi si é sviluppata una grossa corrente teorica, poi definita ad orientamento sistemico, sopratutto in ambito clinico, particolarmente ingenti sono stati infatti i contributi di Milton Erickson, uno dei più originali ed innovatori del nostro secolo, padre dell’ipnosi moderna, tra i primi ad osservare l’ecosistema dell’individuo assieme a Gregory Bateson.
L’epistemologia secondo G. Bateson, (3).
Bateson lungo tutta la sua vita di scienziato ha insistito molto sul fatto che l’epistemologia é essenziale per la costruzione di una scienza coerente del mondo vivente. In effetti dietro al concetto di epistemologia si sviluppa un pò tutto il pensiero batesoniano, al punto da riscontrare ben cinque differenti significati del termine stesso.
Nell’analizzare tali differenti significati si scopre tutto il senso del suo pensiero e degli sviluppi operati sul suo taglio metodologico dagli studiosi della teoria sistemica applicata (vedere l’ambito della terapia familiare).
Dalla definizione data dai filosofi del termine “epistemologia”: “ … studio della teoria della conoscenza che Indaga la struttura, i metodi, la validità nonché le origini della conoscenza”, si trovano altri quattro significati quali: paradigma, cosmologia biologica, scienza, premesse fondamentali che sottendono il comportamento di un organismo.
L’epistemologia intesa come paradigma é divenuto il termine più utilizzato dai terapeuti familiari. Presumibilmente l’epistemologia come paradigma fornisce una grammatica della realtà specificando come vengano ad essere punteggiati gli oggetti e gli eventi da parte dei soggetti.
Altro significato é quello di scienza; la scienza epistemologica é lo studio di come un particolare organismo o insieme di organismi, pensano, conoscono, decidono. Solo attraverso una scienza epistemologica come principio cardine dei fenomeni biologici è possibile uno studio dell’evoluzione, del pensiero, dell’adattamento, dell’embriologia e della genetica.
In altra occasione Bateson affronta l’epistemologia considerandola come struttura del carattere, in un suo articolo: “La cibernetica dell’io: una teoria dell’alcolismo.”, qui l’autore descrive la relazione tra l’epistemologia, lo studio di come conosciamo ciò che conosciamo, e l’ontologia, lo studio della natura dell’essere.
La struttura del carattere dovrebbe essere intesa come un insieme di premesse epistemologiche ed ontologiche, che determinano come l’individuo concepisce il mondo che lo circonda; sono infatti le convinzioni, solitamente inconsce sul mondo che lo circonda che determinano come l’individuo lo vede.
Bateson sostiene che la patologia umana, dal punto di vista mentale, é essenzialmente basata su errori epistemologici: come la fiducia nell’obiettività, l’intraprendere azioni che ignorano la circolarità del sistema, il tentativo di controllare una parte del sistema a cui apparteniamo, ecc.
Un particolare brano di Bateson può aiutare a comprendere il suo pensiero: “Le cose- in-sè” (Dinge an sich), inaccessibili all’indagine diretta, stanno tra loro in relazioni paragonabili alle relazioni esistenti tra loro e noi. Anche esse (persino quelle viventi) non possono avere alcuna esperienza diretta l’una dell’altra ; questione di grandissima importanza e primo postulato indispensabile per qualsiasi intelligenza del mondo vivente.Ciò che è essenziale è il presupposto che le idee (in un senso molto lato del termine) abbiano una loro forza e realtà. Esse sono ciò che noi possiamo conoscere, e al di fuori di esse non possiamo conoscere nulla. Le regolarità o “leggi” che legano assieme le idee: ecco la “verità”. Esse sono la nostra massima approssimazione alla verità ultima.”
Ciò che ci comunica Bateson é molto semplice ma allo stesso tempo straordinariamente complesso, ci dice che noi siamo orientati dall’idea che abbiamo di noi stessi (oltre che dagli stimoli pervenutici dai nostri sensi), gettando il nostro giudizio “critico” in un mondo di approssimazioni su approssimazioni senza fine. Nel presentarci il suo pensiero Bateson ce lo pone in una continua dialettica tra azione come processo, e suo contesto come forma; in una tale dinamica la mente dell’uomo si trova in un continuo meta livello rispetto alla retroazione; l’individuo é cioè coreografo di se stesso ad un livello sempre più sofisticato, prendendo in considerazione se stesso che osserva se stesso, e se stesso che osserva se stesso che osserva se stesso, così via ricorsivamente.
Mi voglio ora soffermare sui suoi criteri del processo mentale che si suddividono in sei punti, e che orientano bene nel suo studio sull’epistemologia individuale, e sopratutto sul suo concetto di MENTE.
PRIMO CRITERIO. Una mente é un’aggregato di parti o componenti interagenti. il processo mentale é visto come una successione di interazioni tra parti, la spiegazione mentale si trova nell’organizzazione e nell’interazione tra parti multiple. Una concezione olistica che elimina il soprannaturale dalle spiegazioni, partendo dalla premessa della differenziazione e dall’interazione tra le parti.
SECONDO CRITERIO. L’interazione tra le Parti della mente é attivata dalla differenza. Nel mondo delle Idee non esistono urti come in fisica bensì occorre una relazione tra due parti differenti o tra una parte all’istante uno e la stessa all’istante due. Un organo di senso reagisce ad una differenza, un cambiamento. Il globo oculare é continuamente animato da un tremolio, detto microstagmo. Qualunque variazione graduale è difficile da rilevare perché le variazioni rilevate sono minime. Noi tracciamo distinzioni, le estraiamo, le distinzioni che non vengono estratte non esistono.
E’possibile affermare che l’idea in sé non possiede un’ubicazione nello spazio e nel tempo, arriva a possederla unicamente in un’idea di spazio o di tempo. Ancora una volta le premesse che ci siamo date ci condizionano nella costruzione dell’esperienza.
TERZO CRITERIO. Il processo mentale richiede un’energia collaterale. Benché i processi mentali scattino per differenze la differenza non è energia, le leggi della conservazione dell’energia valgono anche per i sistemi viventi. Il termine scattano é significativo, indica molto bene che l’energia é contenuta a livello metabolico sia nell’evento stimolo che nell’evento risposta, a differenza di quanto si ipotizzi avvenga In fisica dove un oggetto possedendo energia cinetica, nell’urto la evolve ad altri oggetti. Dare un calcio ad un cane é differente dal darlo ad un sasso per la semplice ragione che il cane possiede in sé l’energia per orientarsi nella risposta.
QUARTO CRITERIO. Il processo mentale richiede catene di determinazione circolari per lo più complesse). Partendo da un concetto apparentemente esterno a ciò su cui andrà a parare, Bateson, specifica che una stessa situazione di stabilità é raggiungibile sia mantenendo il proprio stato, come fa la roccia, sia cambiando continuamente per piccole porzioni In un processo circolare, come fa ad esempio un organismo vivente nel tentativo di rimanere in equilibrio. La mente, in un sistema vivente, opera attraverso dei canali neuronali attivati o meno attraverso dei controlli, paragonabili agli interruttori di un circuito elettrico che esistono unicamente quando sono attivati altrimenti é come non esistessero.
QUINTO CRITERIO. Nel Processo mentale gli effetti della differenza devono essere considerati come trasformate (cioè versioni codificate) della differenza che li ha preceduti. In primo luogo é possibile notare che qualunque oggetto, evento o differenza del mondo esterno può essere sorgente di informazione, purché sia incorporato in una rete opportuna capace di connotare come significativo il materiale pervenuto. Si può dire, nel considerare l’enunciazione dell’asserzione di Korzybski: “La mappa non é il territorio”, che la mappa organizza ciò che viene colto dalle differenze presenti nel territorio, in altre parole l’effetto di tale organizzazione (mappa) non é direttamente la causa dell’organizzazione stessa (territorio), bensì la sua trasformazione o codifica.
SESTO CRITERIO. La descrizione e la classificazione di questi processi di
trasformazione rivelano una gerarchia di tipi logici immanenti ai fenomeni. Le classi di tipo logico differente sono un affascinante gioco interconnettivo che la mente é capace di operare anzi si trova indispensata ad attuarlo. Gli esempi che si possono fare sono molteplici. Il concetto di delinquenza, ad esempio, ha reso evidente come si faccia confusione tra i tipi logici, volendo punire singole azioni considerate criminose, nell’intento di correggere il delinquente, come se delinquenza fosse il nome dato ad un’azione o parte d i essa; la delinquenza é piuttosto il nome del modo di organizzare le azioni. Non é possibile, manipolando una singola azione, andare a modificare il carattere del soggetto organizzatore delle proprie azioni.
Tra le caratteristiche menzionate ancora da Bateson si trovano l’autonomia e la morte; l’autonomia, letteralmente controllo di sé” (autos = Sé nomos = legge) risulta dalla struttura del sistema, come prenderò in considerazione più avanti, l’autopoiesi del sistema si trova ad un meta livello nei confronti della singola azione o di una categoria di azioni, la morte è la rottura dei circuiti e quindi la distruzione dell’autonomia.
La mente inoltre è capace di finalità e scelte tramite le proprie capacità autocorrettive, è influenzata dalle proprie ed altrui mappe, mai direttamente dal territorio, il suo limite é che le informazioni che essa riceve non proveranno mai nulla sul mondo o su di essa. Il sistema capace di apprendere e ricordare accumulerà entropia negativa, lo farà attraverso quei giochi stocastici chiamati prove per tentativi ed errori, e potrà unirsi ad altri sistemi ampliandosi.
Dalle premesse classiche alla riorganizzazione del significato.
La conoscenza organizzata ed acquisita corrisponde al punto di massimo mascheramento raggiunto da ciò che unanimemente viene condiviso, un mascheramento questo che non é imposto dall’esterno, ma risulta intrinseco ai meccanismi psicologici che presiedono alla dinamica ed alla strutturazione stessa della conoscenza. il pensiero categoriale, ereditato da Aristotele, ha in sé la rimozione dell’origine di quei vincoli che ne hanno determinato i risultati.
Il pensiero scientifico e filosofico contemporaneo ha messo in discussione le strategie fondanti quelle matrici e quegli ordinamenti assunti di volta in volta come naturali. Il fulcro del discorso é riassumibile in una frase di Maturana (28) “Tutto ciò che viene detto é detto da un osservatore ad un’altro osservatore, che potrebbe anche essere se stesso.”
E’ attorno alla molteplicità dei punti di vista, più o meno standardizzati, che cresce la complessità e le sue molteplici descrizioni. Infatti l’autodescrizione dell’osservatore non delimita il confine dell’immagine, ne assesta la rappresentazione al suo esito finale, ma lo estende inevitabilmente in una ricorsione di descrizioni che generano altre descrizioni, ecco delinearsi dunque la ricorsione della stessa complessità.
All’interno dello stesso soggetto si può constatare una pluralità di punti di vista, al pari del patrimonio genetico anche il patrimonio culturale possiede la propria deriva, infatti per tanto che tale patrimonio tenda ad uniformarsi, un soggetto non aderisce mai passivamente ad un sistema di riferimento categoriale dato, é sempre presente la propria componente costruttiva.
Qualunque indagine epistemologica non può misconoscere il riconoscimento dell’irriducibile pluralità dei sistemi di riferimento categoriale, delle forme di pensiero e di conoscenza. Affiora a riguardo il problema che viene definito del taglio metodologico o decou (Morin ‘Il metodo’) per conoscere é necessario specificare e delimitare un problema, creare un universo di discorso, nel quale validità e ordine possono essere determinati a partire da dati vincoli. La conoscenza si costituisce ricorsivamente attraverso la costruzione e la descrizione di punti di vista ed universi di discorso (intesi come ambiti di pertinenza del discorso).
Da un concetto relativo come quello di metodo, si passa a considerare, all’interno di una nuova concezione della teoria dei sistemi, la relatività e la vicarianza tra sistema e sistema, e sistema ed ambiente. In ambito cibernetico si scopre ancora un sistema dominato da una prospettiva comportamentista, l’immagine della scatola nera con i suoi input ed output. oggi si é tentato di oltrepassare tale confine, von Foerster proponendo l’elaborazione di un’epistemologia degli oggetti viventi afferma (18): “Una descrizione (dell’universo) implica colui che lo descrive o, in altri termini, ci occorre una teoria dell’osservatore. Poiché gli osservatori sono organismi viventi questo compito spetta al biologo. Ma lui pure è un organismo vivente, il che vuol dire che, nella sua teoria, egli deve non solo rendere conto di se stesso, ma ugualmente della formulazione di questa teoria”.
Viene recuperata tutta una serie di modalità, di atteggiamenti nei riguardi della finitezza della conoscenza e della natura umana, tutte le precondizioni inerenti ad un punto di vista, i “pregiudizi” non appaiono più come limiti, limitazioni, bensì divengono vere e proprie matrici costruttive della conoscenza, un drastico passaggio da un’epistemologia della rappresentazione ad un’epistemologia della costruzione.
Il problema della finitezza di affermazioni pregiudizievoli è il fondamento stesso dell’universo di discorso che si va ad affrontare, non sono i nostri giudizi a costituire il nostro essere, dice Gadamer, quanto piuttosto i nostri pregiudizi. I pregiudizi sono predisposizioni della nostra apertura verso il mondo. Sono semplicemente le condizioni per mezzo delle quali ciò che incontriamo viene a dirci qualcosa.


Thomas Kuhn

E’ presente tutta l’indagine portata avanti da Kuhn e Feyerabend che mettono in discussione il metodo, come ricerca di un criterio di demarcazione su cui basare il giudizio di validità o meno di teorie e concezioni scientifiche in competizione, da un punto di vista storico, appoggiando l’idea che possa esistere unicamente una razionalità storicamente determinata. Il concetto di Paradigma di Kuhn elaborato nella sua opera “The Structure of Scientific Revolution” (25), tenta di risolvere il problema, considerando il paradigma un sistema chiuso entro il quale, e solo entro il quale é lecito ricercare la coerenza con le premesse da cui ci si era mossi.

 


Paul Feyerabend

Dal considerare un unico punto di vista si passa a considerare molteplici punti di osservazione, creando così nuovi orizzonti, rinunciando alla ricerca del vero livello di osservazione fondamentale. La relatività di queste nuove concezioni porta a formulare una nuova definizione di sistema tenendo in considerazione le sue matrici costruttive che rimandano necessariamente a tagli metodologici operati dagli interessati.
Ogni suddivisione, dal momento che non può che essere arbitraria, in funzione di ciò che si vuole andar a dimostrare o sostenere, essendo operata da un osservatore, é necessariamente una costruzione, come tale possiede in sé un differente potenziale comprensivo. La stessa concezione d’informazione prende un’accezione differente, a seconda del punto di vista da cui si parte nel considerarla passando ad essere incomprensibile rumore o informazione espressiva; più che mai si fa avanti una definizione storica della validità di una concezione scientifica.
Il soggetto stesso non é più unicamente considerabile come un sistema, bensì un sistema di sistemi, il considerarlo in un modo piuttosto che in un altro apre differenti prospettive ed orienta verso nuove potenzialità cognitive. L’evoluzione stessa ad esempio non é più considerabile come un procedere secondo ritmi armoniosamente adattati tra i vari sistemi, ma é un’accelerazione dello sviluppo e del mutamento di particolari sistemi accanto alla conservazione e all’immutabilità di altri.
L’epistemologia del soggetto dietro alla nuova teoria dell’osservatore trova uno sviluppo in termini quali chiusura organizzazionale, dominio cognitivo, autonomia. L’organizzazione del sistema si sviluppa attraverso la sua struttura, (la relazione esistente tra le sue parti che deve rimanere invariata perché si mantenga lo stesso sistema), é l’organizzazione dunque che consente di identificare un sistema; perché un sistema appartenga ad una data classe deve mantenere invariata la sua organizzazione mentre la struttura può cambiare sviluppandosi verso nuove potenzialità.
Un sistema autonomo si definisce come capace di subordinare tutti i cambiamenti strutturali previsti dalla sua organizzazione. Il sistema dunque appare organizzativamente chiuso mentre strutturalmente è aperto. Ciò che caratterizza i sistemi viventi é che questi sono il prodotto della loro stessa organizzazione.


Norbert Wiener

Maturana e Varela definiscono ontogenesi di un sistema la storia dei suoi cambiamenti di struttura compatibili col mantenimento dell’organizzazione. il dominio organizzazionale di un sistema è il suo dominio cognitivo, o dominio delle interazioni in cui il sistema può entrare senza perdere la sua chiusura, ciò che interessa in un sistema autonomo, come é stato visto da Wiener, é la sua organizzazione interna non il suo controllo, del resto non ritenuto possibile dal momento che in una tale organizzazione è concesso unicamente di selezionare una risposta tra quelle che il sistema é in grado di dare. La dinamica del sistema così considerato é la sua ricorsività.
Il passare dal controllo all’autonomia in un sistema permette di dissociarsi da concetti quali input ed output per introdurne altri quali perturbazioni e compensazioni operate dal sistema attraverso la propria ricorsività. Le interazioni del sistema innescano ma non determinano i suoi cambiamenti strutturali, sono definite accoppiamenti strutturali da Maturana e Varela (27) proprio perché qui il sistema non può che organizzarsi ricorsivamente, mettendo in gioco unicamente la propria struttura.
L’accoppiamento strutturale tra sistema ed ambiente costituisce l’adattamento, l’ontogenesi passa ad essere la deriva di cambiamenti strutturali di un sistema che, per garantirsi la propria sopravvivenza non può che preservare l’invarianza dell’organizzazione e la conservazione dell’adattamento.


Francisco Javier Varela García

Come scrive Varela (43): “Questa situazione consiste nel fatto che colui che descrive non può uscire dall’unità per considerare i confini e l’ambiente, ma é associato con il funzionamento dell’unità sempre, in quanto elemento che la determina. Tali situazioni, alle quali appartengono molti dei sistemi sociali autonomi, sono caratterizzate da una dinamica in cui la stessa descrizione del sistema rende il sistema differente. Ad ogni stadio, l’osservatore é in rapporto con il sistema attraverso una comprensione, che modifica la sua relazione con il sistema. Questo é, propriamente parlando, il circolo ermeneutico d’interpretazione e azione, sul quale sono basate tutte le faccende umane.”
Ogni livello d’osservazione è caratterizzato da miriadi di opposizioni, quella tra sistema ed ambiente ne rappresenta una fra le tante. Ma cosa significa unire gli opposti; nel paradigma classico la dualità è legata all’idea di polarità la cui forma fondamentale é la simmetria, mentre la logica sottesa a tale dialettica è la negazione, le coppie sono del tipo: A / non A. La teoria dei sistemi, basata sulle nozioni di chiusura organizzazionale ed autonomia, si sviluppa attorno alla complementarietà, la sua forma fondamentale é l’asimmetria, la logica sottesa é l’autoriferimento, le coppie sono del tipo: cosa/processo che conduce alla cosa.


Henri Atlan

Tale complementarietà consente di comprendere il carattere non strutturale e non assoluto di ciò a cui si riferiscono nozioni quali informazione, rumore, disordine, affermazioni che appartengono al dominio descrittivo di un osservatore esterno al sistema. Per Atlan la creazione di informazione può essere fatta solo a partire dal rumore, questo in apparente contrasto con differenti teorie che non considerano il sistema gerarchico che si viene a formare tra osservatore ed osservato, quest’ultimo compreso già nell’osservatore stesso; l’osservatore passa ad essere ad un livello di organizzazione superiore.
Questi due differenti punti di vista sono co-presenti ed irriducibili nonché complementari, cade la distinzione esterno- interno, che passa a dipendere dalla scelta metodologica operata; il punto di vista interno al sistema diviene quello dell’autonomia, della chiusura organizzazionale, gli input passano ad essere perturbazioni non istruttive per il sistema ma unicamente di innesto, di selezione, integrate nell’organizzazione dinamica del sistema in funzione della riproduzione di questa stessa organizzazione.
In questi termini l’osservatore é il sistema, attraverso questa via si delinea la possibilità di considerare in modo differente anche l’immagine che possiede di sé il soggetto dal punto di vista psicologico.


Heinz von Foerster

Verso una teoria dell’osservatore; von Foerster (19): Note per un’epistemologia degli oggetti viventi.
Il modello teorico cui si riferisce von Foerster tratta l’ipotesi di come l’essere vivente s i trova ad elaborare le perturbazioni esterne. In particolare il suo pensiero si sviluppa attorno a 12 proposizioni che tenterò di esporre.
L’informazione all’interno del cervello è raccolta attorno a due elementi essenziali: le entità che definiamo X e gli istanti che definiamo T; l’ente (l’individuo) é necessitato ad assemblare X e T correlando assieme l’evento oggetto e l’istante tempo: chiamando R tale correlazione avremo R X T che si potrà scrivere Rii ; se riteniamo Rii la correlazione evento —-> istante, allora il suo contrario sarà istante —- > evento e lo chiameremo Sii ; ad esempio attraverso un certo evento, la morte di Napoleone, io posso recuperarne l’istante, 5- 5-1821, o al contrario attraverso l’istante, 5-5-1821, io posso recuperarne l’evento, la morte di Napoleone.
Dopo questa prima correlazione l’ente tenta di formulare delle ipotesi, utilizzando un tabulato come modello costituito di righe e colonne, assemblando rispettivamente sulle
righe gli oggetti 0, e sulle colonne gli eventi E, in altri termini le già considerate X e T. L’ipotesi che l’ente si trova a fare é un lavoro di classificazione, supporre che esista
una relazione tra due rappresentazioni. L’ente infatti non possiede una continuità percettiva bensì si trova come dinnanzi ad immagini stroboscopiche, nulla gli indica che si trova dinnanzi ad un oggetto poiché solo in base all’ipotesi di permanenza dell’oggetto attraverso la classificazione per righe delle X l’ente decide l’esistenza dell’oggetto.
Dopo questa prima esposizione sommaria della dinamica di tale processo di elaborazione passo ad esaminare le proposizioni di von Foerster.
1a PROPOSIZIONE: oggetti ed eventi non sono esperienze primitive, oggetti ed eventi sono rappresentazioni di relazioni. A questo punto l’ente rappresenta gli eventi E con gli oggetti 0 in una nuova relazione OE; quest’ultima relazione non è fine a se stessa bensì costituisce per l’ente una rappresentazione che rimandata alla prima operazione percettiva modifica il processo stesso in atto confermando o modificando l’ipotesi di partenza.
L’individuo in ogni momento, decidendo sulle ipotesi fatte, attraverso l’istante coglie l’evento e attraverso l’evento coglie l’istante, la rappresentazione che si darà da tali operazioni andrà a modificare la percezione originale. Vi sono alcune tribù ad esempio che non considerano l’esistenza di un oggetto se non attraverso l’azione, é il galoppo che fa il cavallo e non viceversa, l’oggetto appare solo come risultato di un’azione, l’animale predatore scorge la preda solo quando questa si muove altrimenti quest’ultima non esiste per nulla. A partire da differenti modalità organizzative si conformano differenti realtà.
Nell’evento E tanti intervalli di tempo formano la durata; il tempo diviene spazio perché é definibile solo attraverso la persistenza di un oggetto che é solo una rappresentazione essendo scaturito da un’ipotesi correlativa.
2a PROPOSIZIONE: Le proprietà logiche di invarianza e cambiamento sono quelle delle rappresentazioni; se ciò viene ignorato insorgono paradossi.
3a PROPOSIZIONE: E possibile computare le equivalenze tra le rappresentazioni di eventi diversi, R ed S), annullando la differenza di oggetto per riga. (In effetti, per il secondo principio, invarianza e cambiamento vanno riferiti alle rappresentazioni non agli oggetti di per sé stessi esistenti è l’ipotesi che definisce il contesto e descrive l’oggetto.)
4a PROPOSIZIONE: E possibile computare le equivalenze tra le rappresentazioni di istanti diversi, (R ed S), annullando per colonne.
5a PROPOSIZIONE: Oggetti ed eventi non sono esperienze primitive. oggetti ed eventi
sono rappresentazioni di relazioni. L’invarianza delle O e delle E é identificabile col nome e col tempo. Il processo di astrazione per riga dà il nome, mentre il processo di memorizzazione per colonna dà il tempo; l’astrazione di entità dà la presenza di oggetti, mentre la memoria di istanti dà la durata dell’azione. Accoppiare tra loro entità o istanti diversi è creare relazioni, il processare X e T é creare relazioni, le relazioni non sono altro che rappresentazioni.
6a PROPOSIZIONE: Computare e rappresentare sono la stessa cosa. Da un punto di vista operativo. La computazione di una specifica relazione é la rappresentazione di tale relazione.
7a PROPOSIZIONE: Un organismo vivente (omega) é un relatore di terz’ordine che computa le relazioni che mantengono l’integrità dell’organismo. Si presenta il concetto di ricorsività, per definire una cosa non c’é che la cosa stessa (concetto questo ampiamente dibattuto da Maturana e Varela col termine di autopoiesi).
8a PROPOSIZIONE: L’organismo vivente é definito in base alle sue proprietà interne non ha bisogno di proprietà esterne che lo definiscano.
La definizione di essere vivente é ricorsiva; questi è quel processo che definisce l’essere vivente.
9a PROPOSIZIONE: Le rappresentazioni terminali (descrizioni) fatte da un organismo sono manifeste nei suoi movimenti.
La rappresentazione del movimento é fatta attraverso il movimento stesso, che é fatta attraverso il movimento stesso, che é fatta attraverso il movimento stesso ecc. L’informazione é un concetto relativo che non prende senso se non legandosi alla struttura cognitiva del destinatario della stessa.
10a PROPOSIZIONE: L’informazione associata ad una descrizione dipende dall’abilità dell’osservatore a creare inferenze.
11a PROPOSIZIONE: L’ambiente non contiene informazioni, l’ambiente é quello che é, le informazioni sono le relazioni già viste In precedenza.
12a PROPOSIZIONE: L’ambiente é percepito come la residenza degli oggetti stazionari, in moto o In cambiamento. L’io é un operatore relazionale all’infinito, tutto viene ricondotto a delle rappresentazioni.)
Risulta chiaro dal pensiero di von Foerster che finché non vengono fatte delle ipotesi non é possibile cogliere nulla del reale, come disse Einstein (14): Sono le teorie che ci fanno vedere le cose Il sistema dal canto suo non può uscire da sé, le sue proprietà eseguono distinzioni nel campo del suo possibile; l’organismo é dunque l’espressione della prevedibilità dell’ambiente, nel soggetto non può esistere intenzione, questi infatti é necessitato ad operare.
Il linguaggio diviene un sistema di coordinazioni che risulta essere un mettersi d’accordo su cosa mettersi d’accordo; l’adattamento all’ambiente é creare delle coordinazioni o meglio correlare assieme gli elementi perturbanti.
L’individuo infatti si trova ad operare come in un simulatore di volo nel quale, non trovandosi a contatto con la realtà, ha dinnanzi unicamente degli strumenti che codificano le perturbazioni cui è sottoposto dall’esterno. L’elaborazione della risposta che darà a tali perturbazioni andrà a modificare la sua stessa percezione.
Ogni individuo possiede un proprio modello (coordinatore o correlatore), per processare le perturbazioni, che gli permette di codificarle in informazioni che riducono la complessità esistente, ed è proprio sulla complessità che oggi più che mai si é acceso il dibattito, logica conseguenza di un enorme sviluppo di scienze e culture differenti.
L’emergere della complessità, il passaggio da un’epistemologia della rappresentazione ad un’epistemologia della costruzione.
Dalla semplificazione del pensiero scientifico si passa alla sua complessificazione, la domanda da farsi è per quale motivo sorga un passo del genere; una risposta congrua avrebbe dato spazio alla semplificazione mentre è vero il contrario.
Nel tentare una spiegazione mi sono imbattuto in un’espressione di Spencer-Brown (42): “L’universo deve espandersi per sfuggire ai telescopi con i quali noi, che siamo lui, cerchiamo di catturare lui, che è noi.” La spiegazione é in ciò che viene spiegato, il descrivente nella sua descrizione, l’osservatore nell’osservazione stessa.
Nei concetti espressi é implicito che lo scienziato protetti nella propria ricerca la propria struttura interiore, ora partendo dall’assunto che ognuno possiede una propria struttura interiore e quindi una propria epistemologia operativa, risulta che ogni Individuo possiede una propria rappresentazione del mondo differente, anche se omologa alle altre rappresentazioni.
Per von Foerster (18): Il concetto classico di ‘scienza suprema’, cioé di una descrizione del mondo in cui non vi siano soggetti (un’universo senza soggetti) contiene delle contraddizioni. Per eliminarle occorre che l’osservatore (che é almeno un soggetto) tenga presente che :
(I) le osservazioni non sono assolute, bensì relative al punto di vista dell’osservatore (cioé al suo sistema di coordinate: Einstein).
(ii) le osservazioni influenzano l’osservatore così da annullare la sua speranza di previsione (cioé la sua incertezza é assoluta: Heinsenberg).
Dopo di ciò, siamo ora in possesso del truismo che una descrizione (dell’universo) implica colui che lo descrive (lo osserva). Ci occorre allora la descrizione del “descrivente” o, In altre parole, una teoria dell’osservatore.
Risulta sufficientemente chiaro il concetto di epistemologia dell’osservatore che influenza il tipo di rappresentazione del mondo.
Gli sviluppi dei sistemi di comunicazione hanno accelerato In modo vertiginoso le possibilità di confronto di differenti punti di vista; allo stesso tempo l’istruzione é oggi alla portata di un gran numero di persone; conseguenza di questi fattori incrociati è la crescita esponenziale delle correlazioni possibili tra differenti mentalità, a questo si può aggiungere che, nella logica di dover inserire nei vari ambiti lavorativi un numero sempre crescente di persone, si é venuta a creare una suddivisione specialistica che ha aumentato in tal modo la complessità.
E proprio attorno alla complessità delle strutture interessate che si é sviluppata la complessità del pensiero scientifico.


Niklas Luhmann

Esiste una teoria in sociologia (Luhmann) sui sistemi complessi che sostiene che un sistema semplice posto vicino ad un sistema complesso tende a sua volta a complessificarsi. Nel caso che ho presentato complessità emerge in differenti settori della scienza, ed attraverso l’interdisciplinarietà passa facilmente da un settore all’altro.
In altre parole la complessità nasce dal fatto che ogni individuo possiede una propria struttura profonda, la mente, che organizza a proprio modo le rappresentazioni della realtà. Questo lavoro di costruzione quotidiana della realtà attraverso le proprie rappresentazioni é comune anche allo scienziato. Le sue ipotesi al pari di ogni altro sono le proiezioni di tali rappresentazioni. il linguaggio, utilizzato nel descrivere una tale rappresentazione, vincola, attraverso determinate leggi linguistiche, tale processo e lo accomuna agli altri processi nel tentativo di renderli comprensibili.
Ciò che conta é il lavoro che precede la descrizione operata dal linguaggio comune, è a questo punto che é possibile ipotizzare un unico sistema comune di elaborazione delle perturbazioni, di correlazione delle informazioni inferite dietro ogni perturbazione, di costruzione e/o ampliamento di quelle metafore che costituiscono i bit di informazione nella struttura della mente.
Da un punto di vista strettamente costruttivista non é possibile affermare la possibilità della costruzione di un modello di funzionamento della mente, qualunque ipotesi di modello funzionale della mente non é che una proposta fra le tante possibili.
La complessità prima espressa nasce proprio al momento che si viene a scoprire che non c’é un mondo da svelare, bensì un mondo da proporre; allo stesso modo non esiste un unico modello di mente da scoprire: nel momento in cui si ipotizza un certo modello, questo prende forma all’interno della plasticità strutturale del nostro cervello. In un certo senso mentre si costruisce l’ipotesi contemporaneamente si plasma la metafora dell’ipotesi stessa, e quindi dietro ad una tale esperienza sussiste una vera e propria proposta valida in sé e per sé e che, se accettata, cioè condivisa da più persone si concretizza in una realtà.
Molti sono i risvolti di un’ipotesi di questo genere, come molti sono i limiti, in ogni caso é vero che per creare un universo di discorso é necessario crearsi dei vincoli, le leggi scientifiche sono partite dal suddividere uno spazio in modo arbitrario scoprendo dietro tali suddivisioni dei vincoli che però costituivano allo stesso tempo delle possibilità, molto spesso procedendo attraverso le possibilità ottenute ci si è dimenticati di essersi dati dei vincoli iniziali di per sé arbitrari. Solo recuperando passo a passo tali premesse si può venir a capo di ciò che si é creato.


Mauro Ceruti

Come afferma Ceruti (13): “… consapevolezza del fatto che tutti gli osservatori si definiscono reciprocamente in un rapporto simmetrico e asimmetrico: simmetrico perché tutti gli osservatori condividono gli stessi vincoli naturali e — ad un certo livello di astrazione — gli stessi vincoli culturali, le stesse grammatiche, le stesse “limitazioni” cognitive; asimmetrico perché la conoscenza si costruisce nell’intreccio irriducibile delle storie individuali, degli eventi irripetibili, dei tagli effettuati, delle motivazioni idiosincratiche … “.
Si può dunque ipotizzare una struttura comune per ogni individuo, analoga a quella di altri individui, che definisco mente, un concetto espresso da Bateson che ha considerato i risvolti ecologici dell’individuo all’interno della propria esperienza.
Il senso ed il significato vengono forgiati in contesti ben definiti, quali quelli spazio temporali, al punto da imprimere un carattere di storicità alla conoscenza.
Il concetto di tradizione, ad esempio, é il risultato di un’interpretazione, un gioco di preferenze, si privilegiano determinate aree piuttosto che altre, si aderisce ad un particolare modo di valutare gli avvenimenti, non esiste un principio invariante dal quale attingere informazioni, la tradizione é frutto di una particolare composizione, frutto a sua volta di sintesi successive di sistemi, di idee che prevalgono in particolari soggetti o in particolari momenti storici.
Il campo della conoscenza é impregnato del modello ipotetico deduttivo (date certe premesse ecco crearsi un universo di discorso), la mente dell’uomo é così fertile da dimenticarsi molto presto del punto di partenza di una catena consequenziale di ragionamenti; non per fare un paragone scontato e restrittivo, ma per chiarire meglio il senso di ciò che vado dicendo, mi torna utile pensare alla mente come ad un sistema capace di lavorare a più livelli e con programmi differenti. dove il lavoro viene spartito in sotto sistemi che elaborano l’informazione senza conoscere i prodotti finali del loro lavoro e senza interessarsi del programma col quale si trovano ad elaborare tali informazioni.
La mente non possiede un sistema coerente, la coerenza é un sistema di valori adottato dall’uomo a suo uso, motivando tale scelta entro Il proprio dominio di discorso, per cui deve venir costruita ed armonizzata col resto, sempre riferendosi a giudizi che in ultima analisi tengono conto dell’universo di discorso preso in considerazione, come afferma Maturana (27): La verità finale sulla quale l’uomo basa la sua condotta finale é necessariamente subordinata alla sua personale esperienza e sembra un atto di scelta che esprime una preferenza che non può essere trasferita razionalmente; di conseguenza, l’alternativa alla ragione, é la seduzione estetica a favore di una cornice di riferimento specificamente progettata per assecondare i suoi desideri (e non i suoi fabbisogni) e che definisce le funzioni che devono essere soddisfatte dal mondo (culturale e materiale) nel quale vuole vivere.”.
Il cammino della scienza, lo dimostrano le rivoluzioni scientifiche, é una proposta fatta da una minoranza, interessata a sviluppare un nuovo dominio di discorso, ad una maggioranza che, fedele alla tradizione, guarda dubbiosa alla novità e valuta i risvolti positivi e negativi portati da tale innovazione.
A questo punto i problemi dello sviluppo e del passaggio delle conoscenze sono legati alla costruzione ed alla interpretazione. Il processo sembra nascere dal caso, o da un ordine ad un livello superiore non ancora per questo conosciuto, non necessariamente dunque si trova ad essere un ottimizzazione della situazione finora raggiunta. Le idee i concetti, anche quelli che appaiono maggiormente interconnessi all’interno di particolari sistemi teorici, non sono sempre stati originati in campi, luoghi, tempi vicini, sono piuttosto frutto di auto- organizzazione, gusto estetico, caso ecc.
Si potrebbe pensare che le scoperte scientifiche più prontamente accettate siano state quelle seguite ad un lungo periodo di buio e confusione, per la semplice ragione che l’uomo tende molto facilmente ad accettare la prima idea chiara che incontra dopo un periodo di smarrimento, le regole che vengono seguite normalmente dal singolo individuo sono poi le stesse seguite dalla massa.
Costruire una conoscenza, un sistema di idee, significa lavorare su altre conoscenze spezzando ciò che proponevano, ampliando altri sistemi di idee, é dare origine ad un metodo, il nuovo di per sé non é altro che una differente riorganizzazione del vecchio; costruire una conoscenza é basarsi su ciò che è dato per scontato per proporre un cambiamento che, se accettato, Inevitabilmente andrà a modificare ciò che era dato per scontato. Per questa ragione è indispensabile il recupero delle premesse metodologiche che hanno condotto a tali sviluppi, solo in questa prospettiva si evita lo scontro coi mulini a vento.


Albert Einstein

Secondo Einstein (14) all’epistemologo sistematico lo scienziato: Deve apparire ( … ) come una specie di opportunista senza scrupoli: appare come un realista nella misura in cui cerca di descrivere un mondo indipendente dagli atti della percezione; come un idealista allorché considera I concetti e le teorie come libere invenzioni della mente umana (cioé ritiene che essi non possono essere dedotti logicamente dai dati empirici); come un positivista se ritiene che i suoi concetti e le sue teorie siano giustificati soltanto nella misura in cui forniscono una rappresentazione logica delle relazioni fra le esperienze sensoriali. Può apparire anche come un platonico o un pitagorico se ritiene che il punto di vista della semplicità logica sia uno strumento indispensabile ed effettivo alla sua ricerca.”.
Lo sviluppo della creazione di un universo di discorso é legato ad un problema di scelta, fatta da un soggetto, di strategie utilizzate, di progetti, di interpretazioni date.
Reintrodurre il soggetto all’interno di tale universo significa accettare l’irriducibile molteplicità dei punti di vista anche all’interno di uno stesso sistema di idee, di una medesima tradizione.
La conoscenza é irreversibile, ciò che si conosce é parte integrante del sistema pensante, diviene parte della determinazione della struttura portante, é costitutivo dell’universo di discorso e per questo costituisce la realtà; ma è proprio una definizione come questa che si autoconferma, ed autoconferma lo status quo, ciò che appare caratteristico della conoscenza nel presente viene proiettato come definitorio delle conoscenze future. Oggi il carattere irreversibile del tempo della conoscenza é sostenuto da ipotesi quali l’omogeneità, il carattere lineare, la cumulatività delle conoscenze, solo mettendo in dubbio tali premesse si può recuperare la possibilità di costruire un nuovo universo di discorso della conoscenza, che possa sostenere la crisi della tradizione moderna.
La scienza contemporanea si é prodotta nei solchi dell’eredità cartesiana, sono affiorati da questa presupposti quali l’idea di previsione, di scienza come scienza del generale, di tempo come dispiegamento della necessità atemporale, oggi non più riconosciuti come criteri assoluti e definitori della scienza.


Ilya Prigogine

La storia naturale parallela alla storia umana é la storia dei vincoli che hanno organizzato la struttura dei grandi piani di organizzazione dell’universo; come affermano Prigogine e Stengers (38): “un vincolo ( … ) non limita solo i possibili ma é anche opportunità; non si impone semplicemente dall’esterno a una realtà esistente prima di tutto, ma partecipa alla costruzione di una struttura integrata e determina all’occasione uno spettro di conoscenze intelligibili nuove.”

 

 


Isabelle Stengers

Dove l’ideale Cartesiano vedeva come possibilità la sovrapposizione tra conoscenza e coscienza, oggi il rapporto tra conscio ed inconscio è vissuto come un alternarsi di stati differenti, ad una presa di coscienza segue la produzione di un nuovo inconscio cognitivo.
I limiti della scienza sono a mio giudizio i limiti della capacità stessa di prendere coscienza di ciò che la mente ci permette; la mente possiede in sé le tracce di tutti gli atti che hanno definito l’attuale universo di discorso.
Un campo molto dibattuto é lo studio della mente artificiale, uno dei primi nodi sorti da tale interesse é stato il considerare la possibilità di costruire un computer capace di eguagliare la cognizione dell’uomo (ipotesi forte); o il considerarlo unicamente come una macchina capace unicamente di agevolare il lavoro all’uomo (ipotesi debole).
E’ possibile che il computer eguagli l’attuale capacità cognitiva dell’uomo per la semplice ragione che é In grado di costituire una copia perfetta del modello (metodo) adottato dalla mente nel suo processo cognitivo; la mente infatti di per sé non possiede vincoli effettivi, bensì possiede vincoli unicamente nel suo momento autodescrittivo, indispensabile per altro nella costruzione di un sistema a sua immagine quale può essere la mente artificiale.
La mente astraendosi non ha vincoli se li crea, si costruisce un universo di discorso entro cui prova a muoversi. La costruzione della scienza é un esempio di tale capacità, che diviene necessità nel momento in cui l’individuo si trova a vivere socialmente. E solo attraverso la definizione di vincoli che la mente ha descritto un universo di discorso entro cui muoversi, e solo in questo modo gli é stato possibile ampliare tale universo ampliando così le proprie capacità autopoietiche.
L’evoluzione cibernetica.


Ernest von Glasersfeld

Oltre al modo descritto da von Foerster di considerare gli sviluppi della seconda cibernetica ve ne sono molti altri che hanno preso in esame l’ipotesi del controllo di un sistema attraverso l’immissione di informazione, una sorta di feedback positivo o negativo a seconda degli effetti avuti sul sistema, come nell’idea di Costruttivismo radicale di Ernest von Glasersfeld.
Attraverso la morfostasi il sistema si mantiene inalterato all’ambiente che cambia finché gli é possibile, questo tipo di stabilità é resa possibile da un feedback negativo. Quando il sistema si vede costretto a modificare la propria struttura per sopravvivere all’ambiente sopravviene la fase di morfogenesi, controllata da un feedback positivo, che amplifica lo stato nel quale il sistema cambia struttura.
Il sistema possiede in sé quindi un modello di controllo che lo mantiene in una situazione di omeostasi (coerenza interna); i sistemi di per se procedono da uno stato casuale verso una diminuzione di entropia disordine) ossia un aumento di neghentropia (ordine) , nessun sistema infatti potrebbe vivere senza un modello o una struttura, d’altronde però un eccesso di neghentropia (ordine) uccide il sistema, ecco il motivo delle continue oscillazioni entro una fascia di tollerabilità.
La circolarità evidenziata fino a questo momento mette a fuoco come all’interno di un dato sistema non sia possibile orientarsi e prevedere come questo reagirà, per farlo l’unica possibilità é quella di considerare un livello superiore, il sistema allargato. Nel far ciò non si deve dimenticare che ogni operazione di distinzione é prettamente arbitraria nel termini che risulta impossibile orientarsi verso la ricerca obbiettiva é pur sempre un osservatore a definire il contesto osservato, e quindi lo stesso sistema, come afferma Ashby, è un insieme di variabili isolabili che rimangono abbastanza a lungo da poterne discutere; ancora una volta è il sistema a definire il sistema (o ad autodefinirsi) a seconda dell’occasione.
Ciò che ha spinto i ricercatori a lavorare in termini di funzioni e relazioni, dopo aver definito nel sistema la circoscrizione di intervento, é stato l’essere costretti a ricorrere ad una tautologia per poter spiegare l’evento, la realtà in effetti non può che essere descritta attraverso la realtà stessa ogni tentativo di ridurne la portata va inevitabilmente ad intaccala invalidandone la descrizione.
Quando si parla di sistemi che si autoregolano, autonomi, autopoietici (49), viene implicito considerarne modelli ed informazione emergenti. Tutta la prima cibernetica si é orientata sullo studio delle ridondanze emergenti, gli impliciti legati ad ogni tipo di scelta possibile condizionano completamente le scelte future e con loro il grado di attendibilità di tutta l’operazione.
Partendo dall’ipotesi che la realtà in cui ci troviamo a vivere non é un dato oggettivo rilevabile, bensì la logica conseguenza di determinate premesse ora implicite esplicite, decorse implicitamente con gli sviluppi del pensiero scientifico, mi trovo più che mai condizionato ad accettare un certo gioco.
Attraverso determinate operazioni l’individuo costruisce la realtà e si calibra con essa in cui andrà a vivere, svolgerà tali operazioni implicitamente, o meglio attraverso “l’immediato” (non mediato) uso del pensiero.
Il concetto che voglio esprimere è che il pensiero lavora su di una struttura che é altra cosa dalle connessioni logiche di cui é capace; il pensiero non é riducibile; una descrizione fatta da un’osservatore è una punteggiatura e come tale deve essere considerata, un modello, una mappa che non potrà mai essere il territorio; rimane pur sempre vero che di modelli si vive, solo creando delle ipotesi è possibile dedurre, convalidare, inferire una realtà nella quale muoversi.
Prendendo l’avvio dal concetto di feedback evolutivo elaborato dal fisico Prigogine (39), voglio, con una rapida carrelata, andare a valutare le ipotesi di possibile cambiamento elaborate da un sistema per adattarsi ad un universo in continua rivoluzione.
Il feedback evolutivo tenta di spiegare tutti quei concetti fisici e chimici che non possono essere inseriti all’interno della seconda legge della termodinamica (che prevede per l’universo il raggiungimento di una grigia uniformità casuale verso uno stato di entropia), dai fisici era infatti ignorata completamente la neghentropia dei sistemi viventi, cioè il loro progredire verso maggior complessità e diversa organizzazione.
Bateson in Mente e Natura ha elaborato un valido raffronto tra epigenesi ed evoluzione che mette in evidenza il significato di feedback evolutivo inteso come un principio ordinatore, che non tende all’equilibrio, e che regola la formazione e lo sviluppo dei sistemi ad ogni livello: Il contrasto con l’epigenesi e la tautologia, che costituiscono il mondo dell’interazione, sta l’intero reame della creatività, dell’arte dell’apprendimento e della evoluzione in cui i processi di cambiamento si basano sul caso. L’essenza dell’epigenesi sta nell ripetizione prevedibile, l’essenza dell’apprendimento e dell’evoluzione nell’esplorazione e nel cambiamento. (3)
Il concetto di Prigogine (39) di ordine attraverso la fluttuazione, propone l’idea di un cambiamento discontinuo. A proposito di modifica della propria struttura un sistema reagisce a seconda di come é venuto a costituirsi. Per un sistema allopoietico costituito e dipendente dall’esterno ogni mutamento non potrà che essere determinato esternamente, un sistema geneticamente determinato potrà modificarsi solo attraverso una mutazione genetica. Diverso appare un sistema vivente autopoietico che oltre a possedere un sistema genetico é capace di evolvere verso nuovi livelli di organizzazione.
I sistemi viventi posseggono una straordinaria capacità di attuare trasformazioni che vanno oltre a ciò che da loro precedentemente poteva essere previsto o raggiunto. Inoltre si può affermare che tali sistemi posseggono la capacità di mutare verso stadi più organizzati, complessificandosi attraverso fluttuazioni casuali (questo sempre in relazione ad un’allontanamento del sistema dal suo equilibrio).


Francisco

Voglio ora elencare una serie di Idee che hanno orientato allo studio dei sistemi, in particolare quelli viventi, nel contesto di una nuova epistemologia :
1) Accentuazione del pensiero circolare a scapito di quello lineare indispensabile questo passaggio per introdurre tutto il discorso della prima e della seconda cibernetica.
2) Passaggio dall’idea di causa a quello di co-rispondenza. Questo a favore della possibilità di poter mantenere una coerenza a livello di circolarità resa impossibile solo abbandonando il concetto di semplice linearità.
3) Per raggiungere una connotazione circolare occorre considerare il sistema formato dall’insieme dei suoi elementi.
4) I processi vitali nei sistemi viventi sono da considerarsi irreversibili niente può immergersi nello stesso fiume due volte.
5) Non possedendo uno scopo al di là del dell’autpoiesi il sistema vivente è imprevedibile, singolare.
6) Si abbandona definitivamente l’universo newtoniano con forze che agiscono sulle cose.
7) Il sistema possiede unicamente una reazione basata sulla sua coerenza organizzata, qualunque altra spiegazione si trova unicamente nel dominio descrittivo dell’osservatore.
8) I sistemi viventi sono da considerarsi instabili, i sistemi in evoluzione procedono dall’instabilità verso la rigidità, per tornare all’instabilità, così all’infinito.
9) Non rimane che sottolineare ancora il concetto di coerenza del sistema che va a sostituirsi a quello di omeostasi troppo legato al gioco di forze newtoniano di cui ci si vuole sbarazzare, nell’idea di costruire un nuovo linguaggio che non debba sempre ricorrere alla fisica per spiegare ciò che accade. Il sistema possiede una propria coerenza che gli deriva dalla propria struttura e che non può che tener costantemente in considerazione l’intero complesso di sottosistemi che lo compongono.


Humberto Maturana

La biologia ontologica di Maturana. Biologia della cognizione (27).
Il pensiero di Maturana si sviluppa attorno a due questioni fondamentali:
a) Che cosa avviene nel fenomeno della percezione ? b) Che cos’è l’organizzazione del vivente ?
L’intuizione che gli permise di darsi una risposta fu quella di vedere che i due fenomeni cognizione e funzionamento del sistema vivente sono in realtà la stessa cosa, egli sostiene che la cognizione é un fenomeno biologico e solo come tale può essere compresa, questa affermazione é valida per tutti gli organismi viventi con o senza sistema nervoso, perciò conoscere equivale a vivere e vivere di conseguenza equivale a conoscere.
L’idea alla base del concetto di autopoiesi (auto-organizzazione dell’essere vivente) é la circolarità sottesa all’organizzazione che rende il sistema vivente un’unità di interazioni, l’autopoiesi del sistema vivente deve essere mantenuta al contrario ne andrebbe della vita stessa del sistema. Se l’organizzazione del vivente è circolare allora il sistema si trova ad essere chiuso organizzativamente (non dal punto di vista termodinamico) per questo motivo il sistema è autonomo la natura stessa della sua struttura infatti determinerà interamente come questi si comporterà In tutte le sue Interazioni.
Mi sembra superfluo affermare che non é possibile Immaginare un sistema vivente
senza interazioni, il fatto stesso di poter affermare la propria esistenza é prova inconfutabile dell’interazione in atto tra “l’IO esisto” e “l’ALTRO esiste” che offre il termine di confronto sul quale operare tale distinzione.
Non sono le interazioni a determinare il comportamento futuro del sistema; il comportamento é autodeterminato dal sistema stesso, più propriamente la sua struttura ne determinerà il comportamento; sistemi siffatti non possiedono input ed output, non possono ricevere informazioni, poiché tutti i sistemi viventi sono chiusi operativamente, l’informazione di per sè non esiste. Ashby stesso defin i tali sistemi (compresi i computer, sistemi costruiti dall’uomo) termodinamicamente aperti ma chiusi nei confronti dell’informazione, impermeabili ad essa.
Se così non fosse come spiegare il fatto che persone diverse reagiscono in modo differente allo stesso input, la ragione é da ricercarsi nel fatto che ogni persona possedendo una propria ipotesi, teoria, costrutto, epistemologia, a seconda di come venga definita la strategia personale, non può che dare risposte differenti ad uno stesso l’input.
Partendo dall’assunto che l’organizzazione è autopoietica nel sistema ogni cambiamento che lo stesso subisce é necessariamente determinato dalla sua propria organizzazione. L’informazione é sempre stata considerata il tocco magico che determina una risposta mentre non è altro che un ente che interagisce con il sistema, quest’ultimo dal canto suo si comporta sempre conformemente alla propria struttura, per questa ragione i sistemi viventi sono deterministici.
Maturana ha iniziato con l’interessarsi unicamente dei sistemi viventi più tardi arriva a concludere che il determinismo strutturale é la condizione indispensabile per il progredire della scienza stessa, infatti se non fosse presente non esisterebbe un mondo ordinato, senza una qualche forma di determinismo ontologico non esisterebbe che caos e nulla avrebbe un senso.
Ma prima di procedere oltre nella descrizione del pensiero di Maturana vorrei riassumere in sei punti i principali obbiettivi che si é posto assieme a Varela. Intanto ho già accennato a come Maturana abbia superato il modello della causalità classica attraverso l’ipotesi epistemologica ed ontologica del determinismo strutturale. Da una tale ipotesi derivano tutta una serie di conseguenze che modificano la concezione della teoria sistemica.
1) Impossibilità di una conoscenza obbiettiva. La nostra conoscenza come già accennato é frutto dell’interazione tra noi e il mondo. La conoscenza é sempre funzione della struttura dell’essere che conosce.
2) Impossibilità di un’interazione istruttiva. L’ipotesi del determinismo strutturale prevede che il comportamento sia definito solo dalla struttura propria del sistema e non dall’esterno, l’interazione con un altro sistema é dunque solo orientativa o selettiva. I sistemi non possono determinare tra loro il comportamento.
3) Impossibilità di controllo. Infatti se un sistema non può comportarsi diversamente da come si comporta, in funzione della sua struttura risulta ovvio che l’ambiente non ha alcun potere su di lui.
4) Il sistema é in sé perfetto. La coerenza del sistema con la propria struttura non gli permette di compiere errori, concetti quali devianza, disfunzione, disadattamento, non sono caratteristiche del sistema bensì categorie dell’osservatore, dal suo punto di vista il sistema funziona sempe nel miglir dei modi.
5) Irrilevanza di nozioni come: scopo, significato, informazione, rappresentazione, contesto. Essendo descrizioni semantiche, non strutturali del sistema, appartengono al dominio descrittivo non costituiscono una spiegazione scientifica degli eventi osservati.
6) Accoppiamento strutturale del sistema col suo medium, l’ambiente, e In particolare con altri sistemi. Viene a formarsi un dominio nel quale la condotta di ogni sistema é funzione della condotta degli altri, nel corso dell’interazione si viene a modificare la struttura dei sistemi interessati.
Ai punti menzionati ora vanno aggiunti i due concetti centrali nel modello che già ho menzionato in precedenza che sono l’autopoiesi dei sistemi viventi, e la chiusura organizzazionale dei sistemi autonomi.
A questo punto riprendo ad uno ad uno tali concetti anche rischiando di essere ridondante ma ritenendo questo un modo sicuro per non lasciare troppo al caso, essendo complesso il discorso che emerge dall’autore e sopratutto seguendo una via nuova nella concezione dei sistemi.
La struttura di un oggetto ne determina il comportamento futuro dal momento che stabilisce quali saranno le interazioni a cui potrà partecipare, la struttura possiede una qual plasticità che gli permette di modellarsi in funzione delle interazioni cui va incontro.
L’intuizione di Maturana, criticata dallo stesso Varela, suo stretto collaboratore, permette di recuperare l’universo meccanicistico di Newton adattandosi al relativismo Einsteiniano, infatti Newton descrive un universo causale, Maturana sostiene che tale universo causale è ontologicamente Impossibile, forze ed urti sono solo occasioni storiche che permettono al sistema di continuare il proprio comportamento strutturalmente determinato.
La concezione di causa richiama il concetto di interazione istruttiva che è da considerarsi impossibile così come una stessa lezione impartita dallo stesso docente determina risposte differenti negli studenti. Determinate perturbazioni non possono che selezionare determinate risposte ma é la struttura che le determina. La causalità così come viene comunemente Intesa non esiste, è la nostra posizione d i osservatori che ci impone una punteggiatura, in relazione al fatto che viviamo in un mondo fisico, di tipo causale. Come osservatori per noi é implicito attribuire una priorità causale all’agente attivo che sembra causare, ma in realtà seleziona, in un altro oggetto un cambiamento, in questo modo si ignora che é la struttura del secondo oggetto a determinare c iò che viene a presentarsi. In effetti diviene implicito da tali affermazioni che la causalità é un’esperienza psicologica raggiunta nel momento che la nostra interazione con un oggetto ci ha dato conferma di un risultato desiderato.
Il dominio cognitivo dell’individuo non è nient’altro che lo spazio entro il quale il determinismo strutturale permette di operare al sistema. Attraverso il linguaggio gli individui si orientano l’un l’altro per mezzo di questo noi interagiamo in un dominio di descrizioni un dominio questo che é sia limitato, in quanto ogni cosa ci troviamo a dire é una semplice descrizione, ma anche infinito, in quanto ogni descrizione costituisce in noi la base per nuove Interazioni orientanti e quindi nuove descrizioni. Si é soliti definire il reale orientandoci l’un l’altro mediante interazioni linguistiche nell’ipotesi che le nostre esperienze sensorie siano entità concrete ma che in realtà non sono altro, al pari dei pensieri e delle descrizioni, che stati di attività relativa tra neuroni che generano nuove descrizioni, in questi termini non sussiste alcun oggetto di conoscenza, conoscere è essere capace di operare adeguatamente in una situazione individuale o cooperativa. Viene riconosciuto che noi come sistemi pensanti viviamo in un dominio di descrizioni ed attraverso queste possiamo aumentare indefinitamente la complessità del nostro dominio cognitivo.


Gottfried Wilhelm von Leibniz

Molto del pensiero di Berkeley é espresso nel concetto di descrizione così come l’idea di determinismo strutturale richiamava il concetto di sé “monadi senza finestre” di Leibniz: “ogni monade é autosufficiente; il suo concetto contiene tutti i suoi predicati, passati, presenti, futuri, e quindi non può essere determinata da nessuna cosa esterna ad essa “.
Si può definire l’uomo come un sistema autonomo deterministico e relativistico autoreferente, é autonomo perché é un sistema chiuso, é deterministico perché é strutturalmente determinato, è relativistico perché vive in un mondo di descrizioni da lui stesso create, infine é autoreferente per essere un sistema autopoietico chiuso. La vita dell’uomo acquisisce la sua peculiare dimensione attraverso l’auto-coscienza , etica e moralità originano dai commenti che egli fà sul suo comportamento per mezzo dell’auto-osservazione. L’uomo si trova a vivere in una cornice di riferimento che cambia in un mondo continuamente creato e trasformato da lui, tutto attorno a lui appartiene al dominio descrittivo, i sistemi viventi sono sistemi auto-referenziali dunque qualunque cornice di riferimento é inevitabilmente relativa comprese verità e falsità.

 


George Berkeley

L’ultimo capoverso dell’opera di Maturana apre un aspetto tutto ancora da valutare e da soppesare sulle strategie operative dell’uomo, lo definisce un animale razionale che costruisce i suoi sistemi razionali come tutti i sistemi razionali, su verità accettate arbitrariamente, suo compito dunque é quello di scegliere una cornice di riferimento per il suo sistema di valori. La verità finale sulla quale l’uomo va a basare la sua condotta razionale é subordinata alla sua personale esperienza e sembra un atto di scelta che esprime una preferenza non trasferibile razionalmente.
L’alternativa alla ragione nella formazione del sistema di valori sembra essere la seduzione estetica una cornice di riferimento progettata per assecondare i desideri dell’uomo, non i suoi fabbisogni, e che definisce le funzioni che devono essere soddisfatte dal mondo, culturale e materiale nel quale vuole vivere.
Quest’ultimo paragrafo immette in un ordine di idee completamente differente un mondo finora toccato solo da Bateson, l’estetica come strumento operativo nelle decisioni dell’uomo, non più solo considerato un essere razionale, legato alle regole della logica, ma un sistema complesso che nell’operare delle scelte mette in moto un complesso sistema di correlazioni nel rispetto completo del suo costituirsi come sistema deterministico, relativistico, auto-referente
Psicologia e complessità uno studio della mente come sistema ricorsivo.
L’orizzonte della conoscenza ha perso il suo aspetto cumulativo, lineare ed atomista per riscattarsi dal pensiero newtoniano e cartesiano. Il rapporto con la conoscenza é fissato da un intricato allacciarsi di operazioni logiche, estetiche morali economiche, la psicologia diviene uno strumento prezioso nell’analisi di questa complessità. Nell’attività creativa, ad esempio, si combinano assieme almeno tre differenti aspetti cognitivi: le conoscenze già acquisite, i fini che ci si propone, e la sfera affettiva. Se si considera l’attività creativa della mente come un insieme di progetti distinti, come sostiene Gruber (22), in cui alcune parti sarebbero attive altre a riposo, l’individuo si sposterebbe nello spazio e nel tempo entro il progetto selezionato, il nuovo sorgerebbe da tale attività nel variare le prospettive ed i punti di vista adottati finora, in termini di Gestalt si avrebbe un alternarsi di figura sfondo, una continua ricostruzione della conoscenza e dell’esperienza.
Nei processi cognitivi il significato di ciò che si conosce dipende dalla posizione in cui l’osservatore si trova e dalla posizione dell’osservato. Un aspetto importante a riguardo è considerare che il sistema, nella sua evoluzione, non vada verso un unico polo attrattore, bensì verso un insieme di mete differenti, dove rientra la componente legata al caso. Il sistema non lo si osserva unicamente dall’esterno ma da molteplici punti di vista che possono cambiarne l’aspetto.
Pribam ha affrontato questa seconda lettura attraverso il concetto di “ologramma”, paragonabile ad un simbolo, una parte che riproduce Il tutto, questo tipo di organizzazione permette al sistema di resistere ai danneggiamenti, l’informazione viene infatti distribuita ovunque. L’immagine che l’autore ci presenta del cervello é quella di differenti programmi organizzati In modo ologrammatico, dai quali l’individuo selezionerebbe in un determinato contesto un determinato programma.. l’intero complesso di informazioni non avrebbe senso. il concetto di selezione dell’informazione non é usato a caso, parlando di sistema, Infatti, si introducono termini come organizzazione e determinismo strutturale, che sottendono la possibilità di considerare il sistema in sé perfetto e contenente tutta l’informazione; questi concetti fanno parte di un differente linguaggio strutturato in funzione di una nuova epistemologia per la comprensione del sistema vivente.
Un interessante discorso emerge dietro la specialità emisferica, nella maggioranza degli occidentali l’emisfero sinistro ha la predominanza nelle modalità di tipo verbale, logico, matematico ecc., mentre l’emisfero destro é maggiormente coinvolto nell’attività visiva, Immagini, visione spaziale, auditiva, suoni, musica ecc., Bogen le ha definite rispettivamente “proposizionale” l’emisfero sinistro e l’apposizionale l’emisfero destro. Nella soluzione proposta sorge una novità, il modo di procedere apposizionale, legato all’emisfero destro non prevede ne la complessità ne la causalità, infatti questi concetti non sono colti dall’immagine; mentre al contrario nell’uso del linguaggio la reificazione é un attribuito fondamentale del pensiero umano e procede da una descrizione verso la causazione e la complessità.
La differenziazione emisferica non si esaurisce certamente qui, sono infatti recenti gli studi su soggetti connessurectomizzati, (separazione dei due emisferi a scopo terapeutico in casi di epilessia), che presentano una procedura percettivo-decisionale che prevede una maggiore scelta decisionale da parte dell’emisfero non dominante su quello dominante che si limiterebbe a dare una spiegazione logica e razionale della scelta fatta, non potendo, data la scissione, darsi altre spiegazioni.
A questo punto sorge un dubbio, nel pensiero di Maturana (29) vi é un’affermazione particolare sul linguaggio che sostiene l’inesistenza degli oggetti prima del linguaggio stesso, come potrebbe dunque l’immagine precedere Il linguaggio stesso. La spiegazione che viene da darsi é che succeda effettivamente in questo modo: il linguaggio denota e quindi struttura la realtà che senza di esso non possiede una valenza oggettiva, e quindi non può divenire intersoggettivamente descrivibile; l’oggettivizzazione é un processo che nasce dalla descrizione compartecipata.
Dopo questa digressione sull’ologramma si può continuare l’excursus verso una nuova epistemologia che contempli la complessità emergente dall’interdisciplinarità del cammino scientifico, ampliando e modificando il concetto di “ologramma” in “olocinesi”, che meglio esprime la dinamica di ogni parte del sistema, contemplando la necessità di abbandonare l’illusione, presente nell’ambito della psicologia, di poter giungere alla formulazione d i una teoria unitaria in cui riconoscere la spiegazione di ogni fenomeno.
Abbandonando quindi l’idea di un modello unitario su cui basare la nostra conoscenza, si può parlare di modelli differenti e teorie in trasformazione, ma quale differenza sussiste tra un modello stabile ed uno in continua trasformazione? Per rispondere a questa domanda è necessario ampliare il discorso.
E’ un delicato equilibrio quello che sostiene un modello teorico nel suo sviluppo fatto di rapporti culturali e sociali che vengono allacciati dagli individui al momento di sostenere un modello cognitivo. Nel momento che viene scelto un nuovo modello cognitivo, sia consciamente che in modo inconscio, gli individui non sono più gli stessi, la loro percezione subirà delle modifiche e quindi la stessa realtà apparirà sotto forma nuova, non solo, ma anche il passato dell’individuo si modificherà perché elaborato sotto una nuova luce.
Ciò che qui sembra apparire un difficile concetto é unicamente una sfaccettatura di una nuova epistemologia, conoscere é poter decidere e quindi operare una scelta al di la dell’incertezza iniziale, ma dietro un’incertezza non ci può essere solo logica altrimenti non avrebbe motivo di esistere l’incertezza, per cui la scelta esprime una preferenza, di per sé non trasferibile razionalmente.
Questi concetti rimettono in gioco contemporaneamente da un lato il metodo operato razionalmente dal soggetto, la sua ricerca di perfezione, il suo tentativo di migliorarsi, dall’altra la spontanea sensibilità dell’individuo, soggetta a dubbi, incertezze, errori. Nella ricerca delle strategie del sapere si deve tener conto di questi differenti aspetti dei processi conoscitivi dell’individuo.
Voglio ora introdurre un concetto estremamente duttile che riesce a racchiudere in sé simultaneamente la rigidità logica e l’approssimazione estetica, la metafora.
Sono differenti filosofi, epistemologi, scienziati a sostenere che la metafora rappresenta un momento caratteristico dell’emergere di nuove conoscenze: Richards I.A. (41): “Per dirlo nei termini più semplici, quando adoperiamo una metafora abbiamo due pensieri di cose differenti contemporaneamente attivi e sorretti da una singola parola o frase, il cui significato risulta dalla loro interazione“; Black M. (8): “Ogni metafora é la punta di un modello sommerso”; Hesse M. A. (23): “Le diverse teorie si susseguono come ridescrizioni metaforiche del mondo, senza perdere il legame con la comune base della nostra esperienza del mondo.” E solo attraverso la sfera affettiva che l’individuo ristruttura la realtà non accettandola come dato di fatto, violando così le regole implicite da essa sottese, in questo modo l’individuo diviene “metaforico”. Lo stesso si può dire in campo scientifico dove per appropriarsi di un nuovo paradigma sotto cui sviluppare una nuova teoria, lo scienziato trasgredisce le regole finora in vige.
Se qualunque trasgressione alle regole si svolge con l’uso implicito o esplicito della metafora, allora ogni teoria é di per sè una metafora, considerata come tentativo di formulare un sistema coerente di idee con lo scopo di fornire una spiegazione del mondo. Lo sforzo che viene dedicato nella formulazione di una nuova teoria è dal canto suo proporzionale alla difficoltà con cui si lascia la metafora quando questa non é più adatta a sostenere la nuova realtà. Il modello teorico-interpretativo tende a resistere ai fatti, in realtà é una teoria sottesa alla nostra esperienza che ci permette di costruirci una realtà, per dirla con Wittgenstein (48): “Un fatto non è nulla senza una teoria: i fatti sono teorie, così come le parole sono azioni”. L’insegnare qualcosa a qualcuno diviene il tentativo di modificare le teorie di quella persona, attraverso altre teorie, dimostrando l’inadeguatezza delle vecchie teorie, ma non potendo usufruire di dati oggettivi perché sempre dipendenti da una teoria, si potrà procedere solo attraverso la “seduzione estetica”. come afferma Maturana (29), unica possibile risorsa sensibile alla metafora che ognuno adopera nel confrontarsi col sapere.


George Spencer-Brown

Per rimanere in tema di principi basilari che costituiscono i meccanismi attraverso i quali prendiamo atto della realtà, ci creiamo quindi un’epistemologia personale, Spencer-Brown afferma a riguardo: “Fate una distinzione!” Un universo é posto in essere quando uno spazio viene suddiviso o sviscerato … se ne possono tracciare i confini ovunque ci piaccia”, si arriva attraverso l’idea di Spencer-Brown (42) al concetto all’idea di comando, come la musica, la matematica, così ogni parte del linguaggio sarebbe un listato di comandi da seguire per poter riprodurre l’esperienza.
Nel ricreare un’esperienza l’individuo, infatti, segue la traccia che gli é offerta da chi si presta ad esporre, attraverso comandi, la propria esperienza, qualunque descrizione segue sempre un atto di demarcazione da parte del descrittore, l’osservatore dapprima distingue poi descrive.

 


Ronald David Laing

L’implicazione è che una domanda, proponendo una distinzione, costruisce la propria risposta, le domande, le Ipotesi, le teorie che ci formuliamo sulla realtà servono a creare la stessa, come afferma Laing, citato da Spencer-Brown (42) “Quelli che nella scienza empirica sono chiamati ‘dati’ essendo in realtà scelti arbitrariamente dalla natura delle Ipotesi già formulate, potrebbero più onestamente essere chiamati ‘presi’”
Dopo aver fatta una distinzione ed aver quindi delineato una realtà si é data forma ad un’epistemologia, nel far ciò si é seguita una strada che, percorsa a ritroso, ci permette di scoprire come abbiamo costruito la realtà dalla quale ci troviamo a dipendere. Ciò che é implicito in questo discorso é il problema delle premesse, e qui il discorso si complica infatti per scoprire determinate premesse dobbiamo uscire dal contesto, costruire nuove ipotesi che a loro volta costituiscono nuove premesse in una spirale senza fine.
Dal discorso emerge che il descrivere l’esperienza umana cambia l’esperienza stessa, o meglio qualunque perturbazione riceva un organismo oltre a modificare l’esperienza passata, va a modificare la percezione futura. Tutto ciò che é scoperto esisteva già implicitamente nelle premesse del ricercatore. In tutto questo non si deve dimenticare che ogni distinzione fatta é fatta da un osservatore, si può constatare così una sorta di ricursione, si distingue per poter osservare poi si distingue ancora per poter descrivere ciò che osserviamo.
Si arriva in tal modo all’autocreazione di significato, l’epistemologia seguita dal soggetto permette di ordinare in sequenze logiche i dati ottenuti dalla realtà, la complessità é ridotta dal soggetto nel momento stesso che la percepisce dando ad essa significato.
“Il vincolo non limita semplicemente i possibili, ma é anche opportunità.”( Ilya Prigogine Isabelle Stengers (38))
L’odierna indagine fisica ha dimostrato la totale inadeguatezza della concezione classica dell’equilibrio, sono emerse in particolare dagli studi sulla termodinamica di Prigogine nuove forme, definite “strutture dissipative”, derivanti da un l’ordine mediante fluttuazione che rendono possibile il superamento di quelle idealizzazioni paradigmatiche della meccanica classica che inducevano a considerare lo stato di equilibrio come la norma o il fine di ogni processo evolutivo.
In condizioni lontane dall’equilibrio il concetto di probabilità ed il principio d’ordine non sono più validi, lontano dall’equilibrio un sistema paradossalmente può trovarsi ad auto-organizzarsi in modo tale che la dissipazione dell’energia e della materia divenga fonte di ordine.
Non esiste più uno sviluppo finalizzato, scopo e fine rientrano necessariamente entro il dominio descrittivo di un sistema, riflettendo in tal modo esigenze puramente semantiche all’interno del dominio linguistico. Il decorso evolutivo di un sistema non è mai dato in anticipo, le leggi evolutive sono regole di un gioco che stabiliscono un universo di discorso entro cui muoversi, una gamma di possibilità entro cui vengono ritagliati effettivi decorsi evolutivi in parte “guidati” dal caso, in parte dalle caratteristiche specifiche dei sistemi in interazione, ogni processo evolutivo ha a che fare con questioni di scelta.
La deriva preminente sulla rotta scelta da un sistema dipende dai vincoli preesistenti, dal caso ritenendo possibile considerare il caso un ordine ancora sconosciuto; nonché dalla storia, decorso di eventi singolari, contingenze, eventi irripetibili del sistema. In questo senso i processi evolutivi non posseggono in nessun caso direzioni privilegiate, possono esistere direzioni prevalenti ma che divengono tali proprio attraversando I punti critici nei quali più volte si trovano ad affrontare diverse alternative possibili. Non più leggi invarianti atemporali bensì leggi come prodotti stessi del processo evolutivo.
L’intento di questo discorso iniziale é quello di introdurre nuove concezioni all’interno di ogni sistema che venga preso in considerazione, anche per l’individuo vengono a delinearsi nuove possibilità dall’aver introdotti vincoli differenti da quelli presenti nelle precedenti descrizioni fatte alla luce delle vecchie concezioni.
Ciò che maggiormente sottolinea l’ipotesi di cambiamento è il passaggio dal paradigma del controllo al paradigma dell’autonomia, dall’ipotesi della possibilità di controllo di un sistema all’ipotesi della sua completa autonomia, o almeno chiusura funzionale.
Lungo questa tendenza in termini di adattamento si può passare dall’idea di ottimizzazione dell’adattamento, all’idea di conservazione dell’adattamento. Non esiste un individuo più adatto di un’altro, non c’é sopravvivenza del più adatto, c’é sopravvivenza dell’adatto e basta, le condizioni di adattamento possono essere adempiute in molti modi, per strade differenti.
E possibile parlare di deriva naturale o meglio strutturale nella quale non si accenna ad un progresso o un’ottimizzazione dell’utilizzazione, ad esempio dell’ambiente da parte dell’individuo, ma si parla conservazione della struttura, ovvero dell’autopoiesi del sistema, in un processo in cui l’organismo e l’ambiente permangono in un continuo accoppiamento strutturale.
Altra importante innovazione può essere vista nel considerare il funzionamento di un organismo non più come un insieme di caratteristiche funzionalmente slegate, ma come un tutto coerente. In questo modo si recuperano tempi e modi propri di ogni singolo sistema. Si costituisce un intrinseco potere costruttivo da parte di un sistema che si trova ad operare in un ambiente, indagine questa che rompe, attraverso lo studio dei vincoli e delle possibilità, con un passato fatto di valori normativi, completi e atemporali.
Contributi differenti ad una nuova epistemologia. La parola nel pensiero di von Foerster.
Un contributo decisivo allo sviluppo di una differente epistemologia cibernetica é portato da von Foerster (18) i suoi spunti creativi ed innovativi sono spesso sorprendenti. In particolare partendo dal suo concetto: “l’osservatore che osserva la propria osservazione” si può affermare che ha “iniziato” un nuovo tipo di uomo nei termini che ha dato vita ad una nuova ricorsività , ha in altre parole avviato un nuovo individuo cosciente che riflette sul vecchio individuo cosciente (cibernetica di second’ordine).
Se é vero che attraverso la presa di coscienza di sé l’uomo ha avviato un primo meccanismo di astrazione (cibernetica di prim’ordine), al secondo livello (cibernetica di second’ordine), attraverso il contributo di differenti scienziati, si é forse recuperata se non scoperta l’essenza della conoscenza, una spirale senza fine che attraverso un meccanismo ripetitivo circolare ripropone, senza mai doppiare, la realtà in divenire.


John Austin

In particolare nell’analisi di von Foerster emerge un’osservazione accurata sul linguaggio, attraverso il dialogo passano molteplici possibilità di apprendimento da un lato e di creazione di nuovi punti di riferimento. Solo nel dialogo, attraverso il linguaggio verbale o analogico, si possono generare nuove prospettive, allo stesso modo che si sono rese possibili quelle presenti. Dallo studio delle profezie performative che John Austin inventò alla fine degli anni 50, non tanto dissimili peraltro dalle domande appassionate e “categorie vuote” di Pearce (dal momento che proponendo una distinzione la domanda costruisce la propria risposta o ancora certe categorie vuote di significato vengono riempite dall’immaginazione creatrice del soggetto), che indicano frasi che fondano assieme azione e parola, la frase in un certo senso fa quello che dice, se ad esempio urto qualcuno e gli domando scusa il chiedere scusa di per sé mi rende scusato.
Il linguaggio é magico nel senso che permette di agire per correlazioni, l’incantesimo ad esempio di una frase profferta in occasione di un rito é quello di far comparire fantasmi renderli presenti semplicemente nominandoli; nel pensarsi un essere vivente l’uomo recupera la propria dimensione nel proprio dominio culturale, contemporaneamente pretende di potersi astrarre dal momento attuale dimenticando che non gli é possibile disgiungersi dal dominio culturale ponendosi come osservatore di se stesso.
Il nostro mondo é altrettanto pieno di fantasmi, attivati attraverso il linguaggio, di quanto lo era quello dei nostri antenati, nonché di quello che sarà quello dei nostri pronipoti; cambiano le formule ma non la sostanza, oggi c’é la scienza dove un di c’era la mitologia, é aumentata l’idea di controllo ed é questo che essenzialmente fa sentire l’uomo forte di sé ma dinnanzi allo sconosciuto si comporta come si é sempre comportato.
La nostra lingua è molto ambigua, nella sua apparenza fa riferimento alle cose, mentre nella sua funzione si riferisce unicamente al simbolismo che ciascuno ha delle cose, in apparenza si rifà ad un’unica logica denotativa, mentre la sua funzione é connotativa riferendosi al solo soggetto. Nel dialogo io parlo con me attraverso l’altro che mi rimanda il mio linguaggio.
Nella famosa frase di von Foerster (18) “Se vuoi conoscere devi agire” si ritrova l’essenza del suo pensiero, é il linguaggio che crea il mondo esterno, se l’esperienza viene considerata primaria l’unica cosa possibile é quella di sperimentare, attraverso l’universo creato dal dominio linguistico, l’esperienza é la causa, il mondo passa per essere la conseguenza di questo agire sperimentale, il mondo è costruito sulle inferenze dell’apparato sensoriale. L’uomo é come prigioniero del proprio simulatore di realtà, in altri termini del suo apparato sensoriale, debitamente regolato nell’ambito del dominio culturale nel quale si trova a vivere.


Ludwig Josef Johann Wittgenstein

Il nostro mondo é ad esempio costruito sulla causalità che non é un’essenza dell’universo bensì è un costrutto a priori, come direbbe Kant, che l’umanità, in particolare gli scienziati, si portano appresso come un fardello, come Linus fa con la sua coperta. Come dice Wittgenstein (48) “credere nella causalità é la superstizione maggiore”.
La conoscenza è nella testa degli individui, l’uso che ne vien fatto dipende strettamente dall’interesse dell’individuo, qualunque inferenza tentata non può che essere un ipotesi, l’uomo vive di Ipotesi che va a verificare nel corso della sua esperienza, tale conoscenza dipende dal modo in cui ci si rapporta a sé e agli altri.
L’informazione, ci fa notare von Foerster (18) non c’è, non esiste passaggio di informazione, é presente solo nella mia testa e posso sintonizzarmi nel rapporto con l’altro dopo di che ne so più di prima”, il rapporto é fatto di un dialogo parlato o letto o ancora rappresentato in qualche modo, l’informazione é il modo in cui si cambia dopo il coinvolgimento con qualcuno.
Ciò che ritengo utile sottolineare é che il cervello agisce come un’entità capace di creare organizzazione, e questo é necessario perché l’uomo vive circostanzialmente in ambiti da lui stesso mappati, nell’interesse di conservarsi come essere in divenire; solo ciò che direttamente o indirettamente è interessato o viene considerato come tale degno di attenzione viene denotato di significato.


Richard Langton Gregory

Un accurato lavoro é stato intrapreso da Richard L. Gregory (21) nei confronti della percezione, in particolare il suo discorso prende le mosse col considerare il paradosso che sta’ dietro alla conoscenza da lui considerata come perdita di ciò che é “vero”. Molte fonti dimostrano questo paradosso e sottolineano la fragilità della nostra conoscenza.
Si é compreso ormai da più di un secolo che la deduzione in geometria dipende da assiomi che possono essere messi in discussione e mutati, come dimostrano le geometrie non euclidee; la coerenza di un sistema deduttivo, come ci dimostra Godel, non può essere dimostrata rimanendo all’interno del sistema, richiede una dimostrazione di livello superiore (meta) ma questa a sua volta ne richiede un’altra di ordine ancora superiore, così via all’infinito. Molti sistemi assertivi nella scienza si basano su criteri di coerenza e logicità non potendo essere verificati direttamente.

 


Hermann von Helmholtz

Il criterio deduttivo non può fornire di per sé nuove conoscenze, quello induttivo d’altro canto dipende dalla credenza in qualcosa di particolare ricavato già induttivamente. L’interpretazione che viene data agli esperimenti dipende da assunti, paradigmi generali, assiomi ecc. L’opinione di Helmholtz é che la percezione dipendendo da processi inconsci di inferenza non é sempre controllata dalla mente. Sembra d’altronde esistano tendenze inconsce a censurare e distorcere esperienze e credenze (Freud, Gestalt).
Società diverse hanno credenze e percezioni differenti avvallate da diverse culture, persino fattori geografici hanno influenzato in modo diverso date convinzioni.
Tre affermazioni in particolare sono sostenute da Gregory:

  • Le percezioni sono essenzialmente come le ipotesi predittive nella scienza.
  • I procedimenti della scienza sono una guida per la scoperta dei processi di percezione.
  • Molte illusioni percettive corrispondono e possono ricevere una spiegazione dalla comprensione degli errori sistematici che si incontrano nella scienza.

 


Gli organi di senso sono definibili secondo Gregory dei trasduttori in quanto traducono schemi di energia ricevuta in segnali che possono essere letti secondo un codice; la supposizione che si fa è che i dati così ottenuti siano utilizzati per generare Ipotesi sia a livello percettivo che di scienza.
Per la percezione si possono chiamare ipotesi percettive, vi sono dunque tre stadi di percezioni:
1) I segnali (Configurazioni di eventi neuronali collegati con gli stimoli in entrata a seconda delle caratteristiche dei trasduttori.)
2) I dati (Eventi neuronali accettati come rappresentanti variabili o eventi secondo un codice.)
3) Le ipotesi (Selezioni di dati segnalati e postulati, organizzati in modo da essere efficaci in situazioni tipiche e in alcune situazioni nuove.)
In un confronto tra ipotesi scientifiche e percezioni possono risultare delle osservazioni che focalizzano per un certo verso in modo più chiaro ciò che potrebbe avvenire.
Quando sono appropriate percezione e scienza sono in grado di interpolare lacune nei segnali e nei dati che risultano incompleti; questo risulta essenziale per la decisione e per l’azione in assenza dell’informazione completa. Questa operazione é costante e continua al punto da essere utilizzata dai nostri sensi creandoci contiguità ed armonia.
Altro meccanismo tipico é quello di estrapolare, da segnali e dati andando verso stati futuri non ancora esperiti, una sorta di generalizzazione in altri contesti, ma non avendo un punto finale al quale riferirsi tali generalizzazioni sono altamente azzardabili e quindi non sempre attendibili.
Nello spazio percettivo e concettuale é possibile scoprire e creare oggetti viene data forma all’oggetto attraverso la sua persistenza che è debitamente sostenuta da ipotesi di continuità; tra gli oggetti percettivi e quelli concettuali la differenza essenziale è che i primi sono definibili concreti mentre i secondi astratti. La la situazione si complica se si pensa che gli oggetti concreti hanno in sé caratteri astratti, mentre gli oggetti astratti sono formati da concezioni che si basano su parti concrete.
Dal momento che percezione e scienza non sono appropriate possono essere ambigue, stessi segnali possono creare ipotesi alternative, tale ambiguità può essere a livello di segnale o a livello di dati a seconda di dove si sofferma l’attenzione, o di dove si pone la differenza ecc.
Possono sorgere d’altro canto distorsioni a livello di segnale (per perdita d i calibratura) o a livello di dati, (dovute al grado di affidabilità nonché di approssimazione accettati nel momento che determinate conoscenze vengono trasferite alla situazione corrente). E’ possibile d’altronde l’insorgere di paradossi generati da ingressi in conflitto o da ipotesi fatte a partire da assunti falsi o inadeguati. In ogni caso la nostra abilità a generare ipotesi percettive improbabili si rifà all’esperienza che insegna che il campo del possibile é molto vasto, più delle stesse aspettative.
Peraltro ci si può trovare dinnanzi a pure supposizioni dal momento in cui date determinate perturbazioni vi può essere un tempo di reazone-adeguamento (dovuto al fatto che esistono delle anticipazioni interne), che si discosta dall’inferenza interna, dal momento che tali finzioni non sono desunte da alcuna inferenza esterna. Le ipotesi sia scientifiche che percettive sono legate alla realtà in modo estremamente indiretto, per via causale o per via inferenziale, la distorsione avviene sul dati.
Per vedere le differenze tra le ipotesi scientifiche e quelle percettive si puó dire che le percezioni avvengono da una certa posizione privilegiata e scorrono in tempo reale; la scienza no è basata sulla visione di un osservatore ma dal suo dissociarsi dalle proprie coordinate spazio-temporali.
La percezione é affidata all’evento e come tale irripetibile in modo assoluto; la scienza lavora per generalizzazioni. Mentre la percezione é limitata ad oggetti concreti, la scienza utilizza anche oggetti astratti. Le percezioni non sono spiegazioni, mentre le concezioni teoriche possono essere esplicative, anche se nella concezione di von Foerster (19) la cognizione costruita sulla percezione stessa la va a modificare. Per concludere la percezione comprende la consapevolezza, anche se il suo ruolo è per lo più oscuro, mentre la scienza fisica esclude la consapevolezza. Quest’ultima sembra piuttosto essere un bisogno sociale o socializzante.
Tra teoria e pratica nell’evoluzione della conoscenza.
La scienza può essere vista come la traccia lasciata dall’uomo, in una spirale senza fine, nel suo perenne tentativo di dare un senso all’esistenza, nell’intento di conservare la propria organizzazione dei processi interni (autopoiesi), alla ricerca senza tregua di un sistema predittivo che lo possa difendere dalle incombenze esterne.
Ogni cultura porta con sé una codifica di simboli e segni che costituendo una guida stabiliscono, regole e leggi e creano il contesto entro il quale è possibile cercare il significato.


Gregory Bateson

In “Mente e Natura” Bateson (3) ci dice che la scienza é un modo per percepire, organizzare, dare significato all’osservazione. ogni suddivisione ha la sua utilità e in ogni caso va a costituirsi come parte della realtà , il sistema ricorsivo così si viene a determinare nella visione del mondo e delle strutture teoriche a cui fa riferimento, ed é questo stesso sistema che riprocessandosi infinitamente ci da la dimensione del presente “reale”.
Ogni modello é una metafora che riproduce una parte del tutto, la scienza nel corso della sua storia si dimostra sempre più una parziale metafora utilissima per orientarsi nel tentativo di costruire una realtà.
L’uomo ricerca assiduamente la costanza della realtà perché solo attraverso questa persistenza gli é stato possibile costruirsi come essere vivente cosciente, la scienza gli ha dato la possibilità di costituire questa comune persistenza percettiva.
Dalla scienza classica dove comprendere scientificamente un fenomeno voleva dire dare una soddisfacente spiegazione teorica, assoggettando il caso alla necessità , dove ogni spiegazione doveva individuare la regolarità , permettere predizioni, controlli su accadimenti futuri, dove le scoperte scientifiche erano le aspettative dello scienziato che interagiva con l’uomo oggetto, è nata l’ottica lineare, atomista, riduzionista, propria di un modello medico, psicoanalitico e behaviouristico.
Il modello sotteso era così di tipo associazionistico, una concezione psicologica che prevede la costituzione di ogni evento mentale attraverso l’analisi di dati sensoriali irriducibili tra loro connessi in virtù di leggi associative particolari; una visione questa, di chiara matrice empirista, pietra angolare nello sviluppo delle teorie meccaniciste; secondo tali teorie infatti i dati sensoriali erano gli elementi base della conoscenza.


Paul Feyerabend
L’analisi fatta da Feyerabend (17) mette in luce i limiti della posizione classica che presupponeva essenzialmente due condizioni, la coerenza e l’invarianza di significato, solo violando questi principi, d’altronde arbitrari, ci si può liberare dai presupposti estremamente vincolanti di una lettura lineare della realtà.
Il monopolio dell’attuale “stato di realtà” é difficilmente sovvertibile, per la semplice ragione che regge per la maggioranza, é l’unica coscienza di sé che conoscano attendibile. Trovarsi dinanzi ad altri modi di pensare é per lo più un’esperienza traumatica, la verità istituita é messa in discussione, l’universo intero sembra vacillare, la reazione più comune é quella di arroccarsi sulle vecchie posizioni.
Oggi un modello statico e conservativo, asettico, é Inconciliabile col divenire
irrefrenabile di un ottica cibernetica. il soggetto osservatore e i suoi valori sono considerati parte integrante del processo di osservazione, non è più possibile una separazione tra soggetto che osserva e mondo osservato.
Il punto di vista é così passato ad essere dinamico, relativistico, probabilistico e processuale, nonché evolutivo e complesso.


Edgar Morin
In questo modo si raggiunge la scienza della complessità ; solo attraverso la dinamica del complesso si possono descrivere gli eventi dei sistemi naturali e sociali. La complessità é altro dalla semplice complicazione, unica difficoltà di rappresentazione, articolandosi attraverso l’irriducibilità del caso e del disordine, portando il sigillo del relativo, del pluralismo, abbracciando nozioni quali ordine, disordine e organizzazione, come afferma Morin (34) in un sistema che è considerato più e meno della somma delle sue parti. La complessità é resa possibile dalla rinuncia ad una verità assoluta, alla distinzione tra vero e falso, alla comprensione, come ricorda Heinz von Foerster (18) che una descrizione implica necessariamente colui che la descrive, che il concetto di autoreferenzialità (autopoiesi del sistema) diviene imprescindibile.
E’ la teoria che crea la visione del mondo e definisce la realtà, organizzare i dati In un modo o in un altro equivale a definire realtà differenti, il rapporto tra osservatore ed osservato diviene relativo, determinato ricorsivamente a seconda del metodo e dalla teoria adottati. Per dirla con Bateson (4), l’informazione e una differenza che crea una differenza, il dialogo e non la dialettica crea un processo scientifico.
L’essere umano costruisce attivamente la propria realtà, la percezione non é più un fenomeno passivo ma diviene attivo. Ogni descrizione è un’interpretazione, la conoscenza é quindi definibile azione o, in altri termini, delimitazione di un contesto, scelta di un sistema di riferimento, costruzione di un universo descrittivo comune ecc.
Determinante diviene conoscere le proprie convinzioni, le premesse di base, la teoria a cui ci si riferisce, la propria visione del mondo. Sono presupposti ben sistematizzati a guidare le singole azioni nonché le nostre osservazioni, ed é la nostra modalità di conoscenza a determinare ciò che vedremo ed il nostro modo di comportarci.
Come Bateson (3) afferma non si può sostenere di non avere un’epistemologia, chi lo sostiene ha soltanto una cattiva epistemologia. Qualunque atto linguistico non nasce per caso é bensì guidato da una strategia che ha in sé un fine, ogni atto porta un soggetto ed un oggetto, il fine, qualunque possa essere, é parte dell’atto stesso, per parlare di qualunque forma di atto e quindi di vita é necessario adottare un’epistemologia.


Karl R. Popper
Dal punto di vista di K.R.Popper (36) la conoscenza non può partire dal nulla -da una tabula rasa- e neppure dall’osservazione. L’avanzamento della conoscenza consiste principalmente nella modificazione di nostre conoscenze precedenti. Per molto tempo si é rimasti legati a concezioni come quella sostenuta do Locke: “Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu”, avvallando strenuamente la posizione che solo l’esperienza, i dati della realtà, di per sé fossero in grado di generare conoscenza.


John Locke
Un tale procedere della conoscenza non può che essere di tipo induttivo, dall’osservazione alla teoria, l’ottica della complessità prevede al contrario un sistema deduttivo. Bateson (3) é categorico nel definire l’esperienza: “Ogni scolaretto sa che non esiste esperienza oggettiva. Ogni esperienza è soggettiva, ed é il nostro cervello a costruire le immagini che noi crediamo di percepire.” Il nostro cervello costruisce esperienze di senso, non le registra, come sostiene Popper (3), non abbiamo un’osservazione, facciamo un’osservazione, ma qualunque costruzione si faccia questa deve poggiare su qualcosa che l’ha preceduta, le stesse osservazioni non esisterebbero se non ci fosse una conoscenza precedente da modificare.


George A. Kelly
Sono molteplici i modi di definire la conoscenza precedente da quadro di riferimento, a orizzonte di aspettative, strutture che danno senso, fino ad includere concezioni come i costrutti personali di G.A. Kelly. In ogni caso é solo attraverso un’azione comparativa che prende valore una realtà , o meglio un’azione correlativa che definisce un nuovo contesto significativo, che crea uno spazio verosimilmente attendibile entro il quale ci si definisce definendo la “realtà “.
Non deve stupire l’alta coesione dimostrata dagli individui attorno alla realtà entro la quale ci si trova a vivere, essa se gode di grande attendibilità , questo infatti é frutto di un’elaborata e costante opera di “promozione” sociale attraverso la quale si misura il consenso, (la realtà sviluppata per consenso), background indispensabile della vita dell’uomo.
Come ci ricorda ancora Bateson (4) non sono gli impulsi che contano bensì le informazioni, cioè le differenze che creano differenze, una mente recipiente vuoto, una mente tabula rasa non può generare differenze, c’é bisogno di una mente esperta in riconoscimenti, specializzata in confronti.
Ancora una volta ritengo opportuno citare il pensiero di uno dei tanti protagonisti dell’ondata rivoluzionaria all’interno della scienza, Einstein (14) afferma: “é alquanto errato cercare di costruire una teoria soltanto sulle grandezze osservabili: in realtà accade proprio il contrario. E’ la teoria a decidere cosa possiamo osservare”. D’altro canto la teoria non é altro che un insieme di ipotesi che vengono formulate sulla base di conoscenze precedenti, cornici di riferimento, contesti, in una parola astrazioni create nel tentativo di dare ordine e significatività, compartecipata per l’appunto all’interno della società, al Mato di realtà.


Bradford Keeney
L’ipotesi passa per essere una sorta di “posizione meta” nei confronti dei dati di osservazione specificando ordini, livelli, contesti, significati, l’approfondimento epistemologico allo studio di determinate ipotesi ci porta a considerare Il livello del livello, l’ordine dell’ordine, il significato del significato, passando in questo modo per una gerarchia di seconda cibernetica, citando Bradford Keeney: “ … ogni epistemologia si troverà di fronte ad epistemologie di ordine più elevato, le quali si troveranno di fronte ad epistemologie di ordine ancora più elevato, e così via all’infinito. Ciò fa pensare che le epistemologie siano processi ricorsivi, in quanto ogni tentativo di fissare un’epistemologia nello schermo della propria coscienza equivale inevitabilmente a dare l’avvio a successive indagini e modificazioni”.
Per quanto concerne la temporalità dei processi percettivi e di costruzione di ipotesi ci sono molti esperimenti che dimostrano la priorità dell’aspettativa interna avvallata per altro dalla “teoria del faro” di Popper (36) in contrapposizione alla “teoria del recipiente, che considera l’osservazione procedere per generalizzazioni, associazioni e classificazioni fino a formulare un’ipotesi, dove invece le osservazioni sono subordinate alle ipotesi.


Ronald David Laing
Ecco emergere il primato della deduzione sull’induzione del pensiero, l’astrazione (ipotesi, teorie, astrazioni ecc.) sui dati. Dall’ipotesi che presuppone i dati si é passati ai dati che presuppongono l’ipotesi, o come meglio suggerisce R.D. Laing, già da me citato, chiamare i dati “presi” dato che sono le ipotesi a presupporre la loro esistenza.
Vittorio Guidano afferma che dal punto di vista della teoria della mente l’elaborazione dell’informazione e il comportamento non sono più considerati funzionalmente diversi ma vengono considerati mediati dagli stessi circuiti neuronali. così le strutture delegate alla formulazione del linguaggio si ritengono sottese anche alla sua comprensione, i processi della percezione sottendono quelli dell’immaginazione, i processi di pensiero quelli dell’attività motoria il tutto a dimostrare un’interconnessione continua tra differenti parti funzionali del cervello, anzi una compartecipazione estesa di parti differenti al medesimo compito.


Francisco Varela
La conoscenza come azione nel pensiero di Maturana e Varela (28).
L’uomo tende a vivere in un mondo di certezze dove la percezione é continuamente consolidata dalle convinzioni, prove continue queste di una realtà oggettiva, é la nostra situazione quotidiana, la nostra condizione culturale, non sembrano possibili alternative, d’altro canto ogni individuo é radicato in una propria struttura biologica per cui ogni esperienza di certezza é un fenomeno Individuale in una solitudine superabile unicamente attraverso il mondo che si crea con essa.
Molti sono gli esperimenti che permettono di prendere coscienza di come non percepiamo di non percepire, non ci rendiamo conto di come ci siamo adattati all’universo che conosciamo. In questi esperimenti diviene importante comprendere come gli stati di attività neuronale innescati da diverse perturbazioni siano determinati, in ogni persona, dalla sua struttura individuale e non dalle caratteristiche dell’agente perturbatore, in altre parole l’uomo é una macchina non banale e come tale la sua storia biologica, sociale e personale é parte integrale della sua esperienza percettiva.
La conoscenza non può essere intesa come se al di fuori di noi ci fossero fatti ed oggetti che possano essere presi ed immessi nella propria testa. L’esperienza di qualcosa là fuori è convalidata in modo particolare dalla struttura umana che rende possibile la “cosa” che scaturisce nella descrizione. Sopratutto possiamo affermare che ogni atto di conoscenza ci porta un mondo fra le mani, ogni azione é conoscenza ed ogni conoscenza é azione.
Attraverso l’esperienza del linguaggio noi entriamo in una profonda riflessione che é un atto di conoscenza ed è un’azione fatta per qualcuno, ogni cosa detta é detta per qualcuno. Non é necessario ricordare quanto sia determinante il contatto fisico, l’azione del toccar con mano, dell’esperienza sensoriale, continua conferma del nostro esserci, indispensabile alla sopravvivenza, la conoscenza viene a costruirsi attraverso tale esperienza protratta, nonché attraverso la capacità astrattiva della stessa da parte dell’individuo.
Due concetti chiave emergono: a) “ Ogni azione é conoscenza ed ogni conoscenza é azione”.
b)”Ogni cosa detta é detta per qualcuno.”
Il fatto sostanziale é considerare la conoscenza come l’azione di colui che conosce, le sue radici sono nell’essere vivente e nella sua organizzazione.
L’atto di indicare qualunque ente, oggetto, cosa o unità è legato alla realizzazione di un atto di distinzione, che separa da tutto il resto ciò che viene indicato. Ogni volta che ci riferiamo a qualcosa, implicitamente o esplicitamente, mettiamo in evidenza un criterio di distinzione che indica ciò di cui parliamo ed evidenzia le sue proprietà come ente, unità o oggetto.
Una unità (entità, oggetto) é definita da un atto di distinzione. Pertanto, ogni volta che facciamo riferimento ad una unità, nelle nostre descrizioni, é implicita l’operazione di distinzione che la definisce e la rende possibile.
In un cambiamento di ottica attraverso i nuovi orizzonti dell’organizzazione del vivente viene utile focalizzarsi attorno all’organizzazione stessa, questa infatti non é nient’altro che quell’insieme di relazioni che devono esistere o devono verificarsi perché esista qualcosa.
Gli esseri viventi sono caratterizzati infatti dalla propria organizzazione interna capace di riprodurre continuamente se stessa, un tale processo é definito organizzazione autopoietica. In una cellula, ad esempio, possiamo riscontrare da un lato una rete di trasformazioni dinamiche che producono I suoi stessi componenti, condizione di possibile formazione di un contorno, dall’altro il contorno stesso che é la condizione per cui avviene la rete di trasformazioni che ha prodotto l’unita. La caratteristica più peculiare di un sistema autopoietico é che si mantiene coi suoi stessi mezzi e si costituisce come distinto dall’ambiente circostante.
Per organizzazione di un sistema si intende l’insieme dei rapporti che devono esistere fra i componenti perché si possa dire appartenente ad una particolare classe; la struttura di un sistema é invece l’insieme dei rapporti e dei componenti che, concretamente, costituiscono una unità particolare nella realizzazione della sua organizzazione. i sistemi viventi sono definibili autonomi grazie alla loro autopoiesi. Nell’essere vivente produttore e prodotto sono copresenti nella stessa organizzazione che li determina.
Si assiste un fenomeno storico ogni volta che, in un sistema, uno stato deriva dalla modificazione di uno stato precedente. Qualunque dinamica di un sistema nel presente può essere spiegata attraverso le relazioni tra le sue parti e le regolarità tra le sue interazioni. Per osservare un sistema nelle sue interazioni si deve ipotizzare una distanza di osservazione, ma genesi e storia di un sistema non sono facilmente osservabili, risalendo alla riproduzione che ne ha dato origine si possono distinguere differenti modalità duplicative: la replica che può generare ripetutamente unità della stessa classe, con unità indipendenti storicamente; la copia quando uno stesso modello viene utilizzato per fare molte copie; la riproduzione quando una unità subisce una divisione che dà come risultato due unità della stessa classe.
L’eredità di un sistema é l’invarianza, attraverso le generazioni, di qualunque aspetto strutturale in una discendenza di unità storicamente collegate, ogni volta che si ha una serie storica si ha il fenomeno ereditario. La determinazione storica di un sistema recupera a livello cellulare, tra le altre cose, il concetto di Informazione genetica constatando che é una fitta rete di interazioni che caratterizza una cellula non uno solo dei suoi componenti, sarebbe come dire che la politica di un paese ne determina la sua storia; questo non é vero in assoluto, é una componente essenziale ma non contiene l’informazione che ne caratterizza la storia.
L’ontogenesi di un sistema é la storia del cambiamento di struttura di un’unità finché questa non perde la sua organizzazione. Nel momento che due sistemi si troveranno ad interagire produrranno una storia di mutui cambiamenti strutturali (finché non si disintegreranno), si parla allora di accoppiamento strutturale.
Il tipo di accoppiamento strutturale raggiunto é lo stato presente della storia di trasformazioni strutturali della filogenesi a cui appartiene, un continuo mantenere da parte del sistema dell’accoppiamento strutturale con l’ambiente, la nicchia, nel quale si trova ad operare.
La vita di un organismo pluricellulare come unità si realizza nel funzionamento dei suoi componenti ma non é determinata dalle sue proprietà. Come un organismo pluricellulare così anche il sistema nervoso obbedisce a leggi che ne regolano il funzionamento all’interno del sistema di cui fa parte, non é possibile perdere di vista le radici organiche del sistema nervoso e l’ambiente dove si trova ad operare.
Ogni organizzazione autopoietica possiede una chiusura funzionale nella cui struttura la loro identità é determinata da una rete di processi dinamici i cui effetti non escono da tale rete. L’organizzazione autopoietica di un sistema assicura, nella chiusura funzionale dello stesso, la sopravvivenza storica nonché biologica dell’organismo.
Senza una comprensione adeguata dei meccanismi storici di trasformazione strutturale non é possibile una comprensione del fenomeno della conoscenza. I cambiamenti strutturali di un particolare essere vivente costituiscono la sua ontogenesi, nella propria storia ogni sistema parte con una struttura che condiziona e delimita i cambiamenti strutturali che tali interazioni provocano in esso.
Le perturbazioni dell’ambiente, la nicchia, non contengono in sé un espressione dei suoi effetti sull’essere vivente, é quest’ultimo al contrario che, con la sua struttura, determina il suo stesso cambiamento in rapporto alla perturbazione. Allo stesso modo l’essere vivente é a sua volta agente perturbante nei confronti dell’ambiente. Uno scienziato non puó che occuparsi di sistemi strutturalmente determinati, sistemi nei quali tutti i cambiamenti sono determinati dalla loro struttura.
La struttura di un’unità esprime quattro dominii differenti:
a) Dominio dei cambiamenti di stato, tutti i cambiamenti strutturali che una struttura può sopportare senza cambiare la propria organizzazione.
b) Dominio dei cambiamenti distruttivi, dove l’unità perde la sua originale organizzazione scomparendo come unità.
c) Dominio di perturbazioni, tutte quelle interazioni che provocano cambiamenti di stato.
d) Dominio di interazioni distruttive.. perturbazioni che provocano un cambiamento distruttivo.
Questo continuo processo in differenti dominii é stato definito accoppiamento strutturale tipico dell’ontogenesi di ogni unità dinamica. il determinismo e l’accoppiamento strutturale di un sistema si realizzano entro la propria auto- conservazione (autopoiesi) che li definisce tutto quanto d’altro canto é subordinato a tale conservazione.
Il mezzo, o meglio l’ambiente (nicchia), può essere considerato come un continuo selezionatore di cambiamenti strutturali che l’organismo subisce nella sua ontogenesi. L’accoppiamento strutturale é sempre reciproco ogni organismo interessato subisce trasformazioni. L’ontogenesi di un organismo é la discendenza di cambiamento strutturale con invarianza di organizzazione, pertanto con conservazione di adattamento.
L’evoluzione é una discendenza naturale, prodotto dell’invarianza dell’autopoiesi e dell’adattamento, come nelle leggi del caso non é necessario un intervento esterno per generare diversità ne una guida per spiegare la direzione ne si deve pensare ad un percorso che ottimizzi date qualità degli esseri viventi.
Dominii comportamentali dell’organismo autopoietico.
Non é possibile vivere in una realtà dove ci si é organizzati, dove ogni individuo inneggia al libero arbitrio personale, pretendendo di rimaner fuori allo stesso tempo dal determinismo. O si accetta una realtà strutturalmente determinata e si rifiuta l’idea del libero arbitrio assoluto, o la realtà così come noi l’intendiamo non può esistere.
La possibilità di predizione è considerata lo stato attuale di qualunque sistema stiamo osservando dal quale é possibile dedurre uno stato futuro risultante della sua dinamica strutturale osservabile; una predizione rivela dunque ciò che degli osservatori si aspettano di vedere, cosa differente dal determinismo strutturale che opera al contrario nel presente.
E’ essenziale non dimenticare il ruolo di osservatori che teniamo ogni volta che ci troviamo ad osservare un sistema, per cui ciò che ci sembra necessario ed inevitabile rientra come materiale predittivo, mentre ciò che ci pare casuale ci rende incapaci di previsioni. Nel determinismo strutturale non rientra la possibilità di esaminare
Il sistema al di fuori del suo presente strutturale, il passato come interazioni avvenute ed il futuro come come interazioni che avverranno sono dimensioni puramente descrittive e non funzionali.
E’ stato messo in luce che il funzionamento del sistema nervoso é espressione della sua interconnessione interna (struttura di collegamento), il comportamento si origina secondo il modo con cui si stabiliscono in esso le relazioni con l’attività interna della mente.
La plasticità strutturale di un sistema é frutto della storia di interazioni che hanno dato origine ad una successione specifica di cambiamenti strutturali. Semplici azioni che li per li possono non dare adito all’ipotesi di un modellamento di plasticità strutturale si dimostrano al contrario mosse essenziali nella vita del sistema.
L’ontogenesi di un essere vivente consiste nella sua continua trasformazione strutturale in una giostra continua tra accoppiamento strutturale con l’ambiente da un lato, nel tentativo di non perdere la propria autopoiesi, e dall’altra seguendo un percorso selezionato dalla storia di interazioni e conseguenti cambiamenti strutturali che il sistema ha conseguito.
In effetti ci si trova dinnanzi ad un grosso dubbio dal momento che si sostiene che la mente dell’uomo non può che formarsi delle rappresentazioni del mondo, dimenticando però che senza un ordine da seguire, un universo obbiettivo, saremmo in balia della confusione.
Due tranelli si prospettano; da un lato il supporre una mancanza di informazione dietro il fenomeno conoscitivo, con il rischio seguente di finire nel solipsismo ingenuo; dall’altro una realtà “preconfezionata” che aspetta di essere scoperta, il che ci porterebbe al realismo ingenuo.
Non si deve dimenticare un presupposto fondamentale: “Tutto ciò che è detto é detto da un osservatore ed é detto per qualcuno.” Uscendo dall’opposizione precedente si può passare ad un contesto più ampio, infatti come osservatori possiamo vedere unità in dominii differenti, a seconda delle distinzioni che si fanno si ottengono differenti universi di discorso. Ciò che viene a cambiare da tale tipo di organizzazione plastica è il limite del punto di vista dell’osservatore che ha in sé dei vincoli, ma come ogni nuova premessa porta con sé anche nuove possibilità.
Da tale descrizione fatta il comportamento di una persona passa ad essere l’insieme dei cambiamenti di atteggiamento o posizione, che un osservatore descrive come movimenti o azioni in relazione ad un ambiente determinato. Quello che chiamiamo comportamento, osservando i cambiamenti di stato di un organismo, corrisponde alla descrizione che facciamo dei movimenti che riscontriamo in un ambiente che segnaliamo. il comportamento non corrisponde a qualcosa che l’individuo fa in sé, ma piuttosto qualcosa che noi segnaliamo. Dipende dunque dall’ambiente in cui viene descritto un dato comportamento il poterlo definire adeguato o meno. Il sistema nervoso ha la capacità di espandere il possibile dominio di comportamenti di un individuo.
Come osservatori esterni siamo portati a prestare maggior attenzione a ciò che é maggiormente accessibile, le perturbazioni esterne, considerandolo determinante, mentre ciò che conta effettivamente é l’organizzazione interna di tali dati percettivi, le perturbazioni esterne possono unicamente modulare la costante dinamica di equilibri Interni.
Affermando che il comportamento é la descrizione, fatta da un osservatore, dei cambiamenti di stato di un sistema, rispetto ad un mezzo che si verifica per compensare una perturbazione esterna, diciamo implicitamente che il sistema nervoso non inventa il comportamento bensì lo amplia notevolmente. Per comprendere tale affermazione é necessario recuperare in parte la storia filogenetica del sistema nervoso andando a scoprire che nasce nel tentativo di mettere in relazione, in un essere vivente, la struttura sensoriale con la struttura motoria costituendosi come rete connettiva sensomotoria. Con la mediazione di tale struttura si é reso possibile l’aumento del dominio comportametale di un essere vivente.
Il sistema nervoso é dotato di una sua organizzazione funzionale, il suo compito consiste nel mantenere costanti determinate relazioni tra le sue componenti interne rispetto alle continue perturbazioni che producono sia le dinamiche interne che le interazioni dell’organismo di cui fa parte, un mantenere costanti certe relazioni tra tra elementi sensoriali e motori al momento perturbati dalla pressione esterna. ogni comportamento è una visione esteriore della danza di relazioni interne dell’organismo.
Tutto il funzionamento del sistema nervoso é coerente con il suo essere parte di una unità autonoma, in cui ogni stato porta ad un ulteriore stato in un funzionamento circolare o chiusura funzionale. ogni processo di conoscenza non può che essere fondato sull’organismo considerato come unità o in chiusura funzionale a livello di sistema nervoso, ogni conoscenza é dunque un’azione, mediante correlazioni sensomotorie, all’interno dell’accoppiamento strutturale in cui si viene a trovare.
IL sistema nervoso è un sistema in continuo cambiamento strutturale, é dunque dotato di plasticità , non esiste interazione, né accoppiamento che non abbia effetto sul funzionamento del sistema nervoso come risultato dei cambiamenti strutturali che provoca in esso, ogni individuo viene modificato da qualunque esperienza che metta in gioco il sistema nervoso a livello della propria plasticità.
Il senso della plasticità strutturale di tale sistema risiede non tanto nella capacità schematica di rappresentarsi Il mondo quanto piuttosto nella capacità di rimanere congruente con le trasformazioni del mezzo come risultato dell’influenza di ogni interazione. Per un osservatore esterno il comportamento del sistema appare adeguato ai cambiamenti del mezzo, in questi termini viene considerato apprendimento, allo stesso modo anche i cambiamenti strutturali appaiono corrispondenti alle circostanze delle interazioni dell’organismo. Al contrario per il sistema nervoso esiste un’unica evoluzione strutturale continua che segue la via lungo la quale, in ogni momento, viene conservato l’accoppiamento strutturale (adattamento) dell’organismo con il suo mezzo di interazione.
Il potenziale dei comportamenti possibili di un organismo é determinato dalla sua struttura, poiché é questa che determina i suoi dominii di interazioni. ogni volta che si riscntra un comportamento indipendente dalla storia delle interazioni, si dice che tali strutture sono determinate geneticamente e che tali comportamenti se presenti, dal momento che no sono relazionabili tra organismo e ambiente, si dice che appartengono al dominio istintuale dell’organismo. Se al contrario le strutture che permettono un certo comportamento fra i membri di una certa specie si sviluppano unicamente dietro a storie di interazioni si dice che le strutture non sono più filogenetiche bensì ontogenetiche e quindi i comportamenti sono detti appresi.
I differenti tipi di comportamenti, istintivi ed appresi, non sono distinguibili tra loro se non essendo a conoscenza della storia strutturale relativa, nel funzionamento presente del sistema nervoso non esiste una tale distinzione.
Quanto detto porta a considerare l’apprendimento come uno espressione dell’accoppiamento strutturale che mantiene costante il funzionamento dell’organismo nel mezzo in cui si trova. Si parla di conoscenza ogni volta che si osserva un comportamento adeguato In un contesto preciso, In un dominio che definiamo con una domanda (esplicita o implicita) che formuliamo come osservatori.
Il valore dei cambiamenti strutturali provocati nell’organismo é in relazione con l’effetto atteso dall’osservatore; In quest’ottica qualunque comportamento osservato può essere considerato, da un osservatore, come un atto conoscitivo, lo stesso atto di vivere è conoscere nell’ambito dell’esistenza, si può dire che vivere è conoscere, vivere é azione effettiva nel dominio dell’essere vivente.
In altre parole il sistema nervoso partecipa ai fenomeni conoscitivi in due modi differenti; il primo tramite l’ampliamento del dominio di stati possibili dell’organismo che discende dalla enorme diversità di configurazioni sensomotorie possibili al sistema nervoso, chiave della sua partecipazione al funzionamento dell’organismo; il secondo tramite la apertura a nuove dimensioni di accoppiamento strutturale che rende possibile l’associazione di una grande diversità di stati Interni con la diversità delle interazioni in cui può entrare.
La comunicazione come fenomeno sociale.
Lungo l’ontogenesi di un organismo possono formarsi interazioni in accoppiamento strutturale che favoriscono il mantenimento dell’individualità nell’organismo stesso. Quando si verificano accoppiamenti fra organismi con sistema nervoso si ha una particolare fenomenologia definita di terzo ordine. In questo ambito d i interazioni si assiste a fenomeni differenti legati agli sviluppi ontogenetici differenti dei singoli organismi. i fenomeni sociali sono associati a ad accoppiamenti di terzo ordine, quando si stabiliscono unità di terzo ordine si viene a generare una fenomenologia interna particolare che si basa sul fatto che gli organismi che compongono tali unità realizzano le loro ontogenesi individual i fondamentalmente tramite i loro mutui accoppiamenti nella rete di interazioni reciproche che formano assieme nel costituire le unità di terzo ordine.
Possiamo definire comunicazione la mutua induzione di comportamenti coordinati che si verifica fra i membri di una unità sociale. La comunicazione é di per sè del tutto simile alle dinamiche riscontrabili in altri comportamenti, unicamente si sviluppa nel dominio dell’accoppiamento sociale. Ogni accoppiamento é di per sé unico perché ogni individuo porta un proprio dominio formatasi dalla comunione in interazioni differenti di dominii diversi.
Attraverso l’imitazione, tendenza propria ed unica dei vertebrati é permesso ad un organismo di interagire, attraverso generalizzazioni successive, andando oltre la propria ontogenesi e mantenendosi al contempo inalterato attraverso generalizzazioni successive.
Come affermato si puó parlare di comunicazione ogni volta che c’é coordinazione tra differenti comportamenti in un dominio di accoppiamento strutturale, non esiste pertanto trasmissione di informazione, ogni persona dice ciò che dice ed ascolta ciò che ascolta secondo la propria determinazione culturale; il fenomeno della comunicazione non dipende da quello che si trasmette ma da quello che accade con chi riceve.
Ogni configurazione comportamentale acquisita ontogeneticamente, in dinamiche comunicazionali socialmente diffuse, che risulti stabile attraverso generazioni differenti sarà definita comportamento culturale. Imitazione e selezione comportamentale sono i mezzi attraverso i quali si realizza il fenomeno ontogenetico dell’acculturamento.
L’identità dei sistemi sociali umani dipende dalla conservazione dell’adattamento degli esseri umani intesi non solo come organismi ma anche com componenti dei dominii linguistici che costituiscono.
Una cosa è parlare dei comportamenti di un organismo, le interazioni fra loro si verificano solo come una mutua provocazione di cambiamenti di stato secondo le determinazioni strutturali presenti, che restano dunque delle descrizioni semantiche, altra cosa é parlare del funzionamento dell’organismo. Tra loro gli organismi interagendo generano accoppiamenti sociali ove si trovano a realizzare le reciproche autopoiesi, i comportamenti che vengono a generarsi in tali dominii sono comunicativi per definizione e sono distinguibili in innati ed acquisiti.
Ciò che è determinante nel coordinamento comportamentale é il significato di ciò che l’osservatore può vedere nei comportamenti e non nell’accoppiamento strutturale stesso. Tale qualità presente nei comportamenti comunicativi ontogenetici di poter sembrare semantici rientra nel dominio linguistico.
Ogni volta che un osservatore descrive i comportamenti di interazione tra organismi come se il significato da lui dato determinasse il corso delle interazioni si ha una descrizione semantica. Sono definibili linguistici quei comportamenti comunicativi ontogenetici, che si realizzano in un accoppiamento strutturale ontogenetico fra organismi che un osservatore può descrivere in termini semantici. Il dominio linguistico d i un organismo é il dominio di tutti i suoi comportamenti linguistici.
Il linguaggio ha in sé la capacità di modificare radicalmente i dominii comportamentali umani rendendo possibili nuovi fenomeni come la riflessione e la coscienza, il linguaggio permette di descrivere se stesso a colui che lo usa. osservando un comportamento In un dominio linguistico come osservatori possiamo considerare tale interazione secondo criteri semantici come se Indicasse o denotasse qualcosa del mezzo, generalmente le parole denotano elementi del dominio comune, oggetti, stati d’animo, intenzioni.
Ciò che é fondamentale perché per comprendere la logica delle premesse è che l’osservatore vede che le descrizioni possono essere fatte considerando le altre descrizioni come se fossero oggetti o elementi di interazione, lo stesso dominio diviene parte del mezzo di interazioni possibili. il dominio semantico diventa parte del mezzo in cui coloro che operano in esso conservano il loro adattamento.
Gli esseri umani esistono in quanto operano nel linguaggio e conservano il loro adattamento nel dominio dei significati che questo gli crea. Negli esseri umani il linguaggio é il mezzo per riconoscere e riconoscersi in un mondo di interazioni linguistiche ricorrenti sempre aperto. Operiamo nel linguaggio quando un osservatore vede che consideriamo come oggetti di nostre distinzioni linguistiche elementi del nostro dominio linguistico.
Nella filogenesi dell’uomo il linguaggio comparve in funzione della sua storia di animale sociale, questo infatti con la sua capacità di tessere una trama d i descrizioni, in modo ricorrente, é un meccanismo che permette ad ogni individuo che si allontani dal gruppo per periodi più o meno lunghi, per la caccia o la raccolta, di “portarsi” con sé il gruppo senza la continua interazione fisica con esso. il dominio linguistico ha in sé il meccanismo che permette il coordinamento comportamentale ontogenetico attraverso la sua costruzione nel fenomeno culturale.
Si può ipotizzare che l’evoluzione degli ominidi sia avvenuta proprio attraverso la continua cooperazione ed il coordinamento del comportamento acquisito. L’atteggiamento di riflessione, la partecipazione degli ominidi al dominio linguistico sono questi gli atteggiamenti che al pari dell’azione hanno determinato il coordinamento comportamentale.
Nella vita di tutti i giorni la mente dell’uomo organizza tutta una serie di riflessioni definite coscienza che da un lato sono direttamente collegate all’azione del linguaggio, dall’altra pur poggiando sul dominio linguistico per la sua manifestazione si organizza in base a differenti stati interni del sistema nervoso difficilmente accessibili.
Nella rete di interazioni linguistiche in cui ci troviamo viene mantenuto un continuo riferimento descrittivo che chiamiamo “io”, questo ci permette di conservare una coerenza operativa linguistica ed un adattamento nel dominio del linguaggio. In questi termini il sistema vivente ad ogni livello é organizzato in modo da produrre regolarità interne, la coerenza funzionale raggiunta è ciò che consideriamo coscienza e mente.
Le parole sono dunque azioni non sono cose manipolabili, sono le nostre interazioni ricorrenti che stabiliscono la nostra capacita soggettiva di accoppiarci strutturalmente al mondo, solo dinnanzi un fallimento siamo consapevoli del lavoro ingente che continuamente operiamo nel manipolare il nostro universo conoscitivo, la coscienza e la mente appartengono al dominio di accoppiamento sociale ed é li che si realizza la loro dinamica, é la rete di interazioni linguistiche che ci rende come siamo.
E’ all’interno del linguaggio stesso che l’atto conoscitivo, nell’atto comportamentale che costituisce il linguaggio, porta il mondo a noi. Ci realizziamo attraverso il linguaggio perché siamo nel linguaggio in un continuo essere immersi nei mondi linguistici e semantici coi quali veniamo a contatto.
Il mondo esperienziale risulta essere tra i limiti dei rappresentazionisti (obiettivisti) da un lato, e solipsisti (idealisti) dall’altro; nella via di mezzo si può trovare un giusto equilibrio, la regolarità del mondo. Le nostre visioni del mondo non conservano i registri delle loro origini. Ogni regolarità in un accoppiamento di un gruppo sociale costituisce la sua tradizione biologica e culturale, per questo la tradizione é oltre un modo di vedere anche un modo di nascondere, se questa infatti s i basa su ciò che una storia strutturale ha accumulato come ovvio e regolare, ogni riflessione permette di vedere solo ciò che é ovvio, agisce solo su ciò che perturba tale regolarità.
La conoscenza della.conoscenza obbliga. ogni atto umano si realizza tramite il linguaggio. Ogni atto, tramite il linguaggio, ci porta a contatto del mondo che creiamo, con gli altri, nell’atto della convivenza che dà origine all’essere umano; perciò ogni atto umano ha senso etico. Questo legame fra gli esseri umani é, in ultima analisi, il fondamento di ogni etica come riflessione sulla legittimità della presenza dell’altro. E’ meglio dire che non è la conoscenza, ma la conoscenza della conoscenza ciò che obbliga.
Sistemi e loro autocreazione di significato attraverso il rumore. Atlan (2) e i sistemi auto-organizzati.
Nella costruzione della logica del senso di un sistema si arriva a definire “chiusura funzionale” la sua operatività interna, ed autocreazione di significato la sua autonomia nel denotare di significati l’ambiente.
Il sistema nervoso, come ogni tipo di sistema d’altronde, non é concepibile in termini assoluti di sistema chiuso, ma l’unico modo che si possiede per parlarne é quello di definirlo come sistema dotato di una specifica forma di chiusura operazionale, dove le conseguenze delle operazioni del sistema sono le operazioni del sistema, in una situazione di completo autoriferimento; una chiusura cos i intesa non prevede isolamento.
Un sistema funzionalmente chiuso é un sistema che presuppone una certa organizzazione, viene a definirsi attraverso la formazione di determinati vincoli, frutto di distinzioni operazionali. L’azione, partendo da una distinzione iniziale, mette in atto un processo unicamente agito, non pensato, privo ancora di organizzazione ma destinato ad
Sembra intuitivo pensare che la presa di coscienza da parte dell’ind ividuo sia, non tanto in funzione di sé. bensì dell’atto comunicativo rivolto verso l’esterno; l’organizzazione cosciente dell’individuo é unicamente in funzione dell’atto comunicativo, per altro verso rimarrebbe inconscia. E’ comunque sempre presente un azione organizzatrice che deve presenziare ad un fine da tener presente nel corso dell’azione.
L’azione dell’azione é la creazione di un contesto che dà un senso, denota l’atto e lo connota in funzione di un suo eventuale recupero, la denotazione dell’atto é la contestualizzazione, la creazione di una forma “contenitiva”, mentre la connotazione é unicamente un’operazione di codifica attraverso la nominalizzazione.


Gregory Bateson
Prendendo in prestito il modello di pensiero di Bateson (3) “forma e processo” voglio sviluppare un modello operazionale che si basa sull’azione. Per tramite della sua chiusura operazionale il sistema può generare una distinzione che é inseparabile dal suo operato. La concezione del cervello come processore che lavora In parallelo mette In chiaro che un processo organizzativo ad un certo livello, eseguito nell’intento di dare un senso ad una particolare azione, non precluda la possibilità di contestualizzare contemporaneamente ed in modo differente la stessa azione ad un altro livello.
Lo stato di veglia può venir considerato come un insieme articolato di stati funzionali capaci di operare contemporaneamente nella definizione del significato e la contestualizzazione dell’azione, presa in considerazione, una sfaccettatura di un multimodello multivettoriale.
Questo tipo di articolazione molteplice di azione, di azione di azione, di azione di azione di azione ecc. chiarisce forse meglio il meccanismo adottato dal sistema per costruire il senso, per poter recuperare il senso, per organizzare la propria vita. oggi l’uomo possiede una memoria ad un tempo genetica e culturale che gli ha permesso di giungere fino dove é giunto, non é più pensabile di trovare un’azione pura o meglio unica, la complicazione neuronale é tale che rende impossibile una divisione netta tra questi differenti strati di contesti interconnessi di azioni separate. Ben inteso si parla sempre di modelli che come tali non hanno mai la pretesa di imporsi come realtà, sono traduzioni in codice, formulazione di dati a partire dai segnali, che nel loro articolarsi ci permettono di formulare ipotesi, le quali a loro volta si presteranno, per i loro eventuali contenuti di affidabilità,, a sostenere analisi predittive di eventi futuri.
Individui e culture adottano particolari abitudini a fare distinzioni e le utilizzano poi costantemente per mantenere stabile la realtà, von Foerster ha nominato questa modalità, che richiama in sé la concezione che il sistema ripete ciò che in passato ha
funzionato, l’omeostasi cognitivall, facendo una comparazione ad un altro livello si può rilevare la posizione in antitesi con quest’ultima quando Varela parla di “ansia cognitiva” che richiama al contrario la ricerca di nuove modalità organizzative del reale.


Henri Atlan
Come sottolinea a riguardo Atlan (1): “Si tende sempre più a accade nel nostro cervello sia un trattamento dell’informazione distribuito, parallelo e dotati di taluni caratteri probabilistici, e non già un trattamento determinista e sequenziale come avviene nei programmi dei computer”. Queste deduzioni concordano con la teoria della “percezione istantanea” di Gibson, secondo cui una forma viene riconosciuta e percepita nel medesimo tempo. Non due operazioni separate, al contrario una forma viene percepita nel medesimo momento in cui sono ricevuti i segnali, grazie a una specie di risonanza fra una determinata struttura esterna e una struttura Interna del sistema di percezione. E’ questa struttura interna a definire per il sistema stesso un possibile significato funzionale della struttura esterna.
Un tipo di logica estremamente stimolante é quella portata dal filosofo tedesco Gotthard Gunther definita logica del giudizio di valore che in un certo senso completa il sistema percettivo di Gibson. Ad esempio se si vuole determinare la verità o la falsità della frase: “la neve é verde”, procedendo attraverso la logica classica si dovrebbe ipotizzare l’esistenza di uno spazio fisico dove sarebbero contenute tutte le informazioni circa le affermazioni considerate vere, trovare quelle sulla neve procedere ad un confronto e definirne l’eventuale autenticità. il lavoro sarebbe estremamente laborioso, al contrario il riconoscimento ed il giudizio sono estremamente celeri, Gunther al contrario considera il dare ad una proposizione un valore di verità o di falsità significa accettare o rifiutare la proposizione, il che significa che le operazioni di accettazione o di rifiuto devono avvenire nel luogo preciso in cui si situa la proposizione, e non consistono nella discussione della nozione di neve in primo luogo.
Secondo questa posizione la comprensione del nostro linguaggio avviene attraverso un metodo logico-accettazionale, non attraverso la ricerca delle condizioni di verità nel senso realistico-metafisico del termine.
La maggior parte degli esseri umani agisce costantemente come se la cultura fosse reale, la costanza percettiva é strettamente legata alla filosofia del “come se”. la cultura passa ad essere un sistema di simboli e di significati, dove questi ultimi sono solo strettamente applicabili alle azioni e ai prodotti degli esseri umani. La cultura é una sorta di magazzino ove si traggono gli elementi per costruire le proprie immagini di realtà. La capacità di creare una “realtà mentale” “come se” da parte di un individuo, più vasta dei dati forniti dai suoi sensi, dipende dal fatto che la memoria umana accumula l’informazione in schemi o immagini correlabili, piuttosto che per singoli elementi, si pensi ai costrutti personali di G.A.Kelly, i cliché interpretativi ecc.
Ciò che differenzia fondamentalmente l’uomo dall’animale non é che usi degli utensili o che possegga una cultura ma che una grandissima parte delle sue azioni coscienti sono influenzate da considerazioni etiche o meglio ancora estetiche.


Humberto Maturana
Come ci ricorda Maturana (27): “La verità finale sulla quale l’uomo basa la sua condotta razionale é necessariamente subordinata alla sua personale esperienza e sembra un atto di scelta che esprime una preferenza che non può essere trasferita razionalmente; di conseguenza l’alternativa alla ragione, come fonte per un sistema universale di valori, è la seduzione estetica a favore di una cornice di riferimento specificamente progettata per assecondare i suoi desideri (e non i suoi fabbisogni) e che definisce le funzioni che devono essere soddisfatte dal mondo (culturale e materiale) nel quale vuole vivere.”


Ludwig Josef Johann Wittgenstein
Ciò che prende valore in queste parole é il problema della scelta, della decisione, e della possibilità di predizione sull’azione. Il campo d’indagine su queste tematiche é ancora prettamente metafisico, come ci ricorda Wittgenstein (48): “Ciò di cui non si può parlare bisogna tacere.”
Ci si deve comunque sbalordire dinnanzi alle potenzialità della mente dell’uomo, alla capacità correlativa di unire, accostando semplicemente tra loro attraverso il linguaggio, parole che prendono in tal modo carattere di realtà del “come se”. creando poteri incredibili dietro suggestioni anche minime.
Il modo di procedere del pensiero sembra alternarsi ripetutamente tra funzione e struttura articolandosi in continui richiami ad una complicazione sempre crescente.
Per affiancarmi nella comparazione alle caratteristiche del linguaggio e compararle agli aspetti materiali della cultura umana considero due differenti modi di collegare gli elementi del discorso l’uno per contiguità definito metonimia, l’altro per asserzione di similarità definito metafora. Allo stesso modo come avviene per il linguaggio si può dire avvenga per il pensiero, quando l’uomo agisce in modo da imporre le sue idee sul mondo materiale incastra le cose necessariamente una nell’altra ed agisce col metodo Induttivo per contiguità utilizza il pensiero metonimico, quando lavora deduttivamente per immaginazione, analogia, allora utilizza il pensiero metaforico.
Si può tranquillamente cogliere l’inestricabile substrato sociale nel quale e per il quale l’uomo si trova a vivere, le cui implicazioni vanno oltre qualunque possibile concezione attuale, l’uomo esiste infatti unicamente come comune concezione culturale, qualunque concezione dell’uomo credo non possa mai distanziarsi dalla sua dimensione sociale.
Considerazioni sull’organizzazione del sistema nervoso. Elementi circonstanziali all’ordine delle psicopatologie.
Il sistema considerato operativamente chiuso é un sistema effettivamente aperto, deve la sua esistenza alla sua apertura con l’esterno, solo in questo modo é spiegabile il secondo principio della termodinamica. Il principio di organizzazione della materia, decretato da autori quali von Foerster, Mac Kay, Aschby, Atlan, come complessità attraverso il rumore, implica in particolare che la ridondanza, strutturale e funzionale, e l’affidabilità di un sistema complesso gli permettono di reagire alle aggressioni aleatorie, di eventi casuali abitualmente fatali per sistemi più semplici, tramite il recupero dell’organizzazione ad un livello organizzativo di complessità più elevata. Il tutto é possibile fino a che sussiste una certa “plasticità strutturale” nel sistema, l’accumulo di errori infatti, fonte fino al momento di invenzione e novità determina il precipitare del sistema nell’invecchiamento e nella distruzione.
Il sistema uomo ha in se due processi differenti una memoria cosciente e una facoltà incosciente di auto-organizzazione. L’auto-organizzazione incosciente a partire dal rumore ha un carattere di auto-creazione di significato, è un fenomeno che deve essere considerato primo nei meccanismi del volere orientati verso il futuro, mentre la memoria si pone al centro dei fenomeni di coscienza . L’idea di volontà cosciente considerata come sorgente della nostra determinazione é da considerarsi parte di quel meccanismo del “come se” e quindi illusoria.
Il vero volere é incosciente, si realizza attraverso di noi, si situa in tutte le nostre cellule a livello di tutte le interazioni aleatorie che incontrano, è il nostro futuro. La coscienza , viceversa, riguarda innanzitutto il passato, non é possibile un fenomeno di coscienza senza conoscenza, e non vi può essere che conoscenza del passato. La coscienza del passato é legata al fatto che non é più percepibile (ciò che é percepito é il presente) ciò che é chiamato futuro é l’incognito.
Dunque da un lato una memoria che rende presente il passato, e dall’altro lato l’auto- organizzazione che costruisce nel presente il futuro, sono le interazioni tra queste due parti che costituiscono quei fenomeni ibridi quali coscienza volontaria e rivelazione dell’inconscio.
Atlan (2) in particolare si é interessato di questi sistemi auto-organizzati traducendone le strutture matematiche in quelle psichiche. In particolare divide la coscienza volontaria, che emerge sotto forma di desideri e pulsioni, formati come risultato dell’interazione tra elementi della memoria con processi di risposte organizzatrici, dal volere cosciente, che è l’emergere alla coscienza e quindi la fissazione in memoria di certi processi auto~organizzatori. Anche i processi organizzatori usano una memoria, di tipo differente da quella corticale dei processi della coscienza volontaria, orientata a schemi senso motori, ad esempio, quelli tipici della propriocettiva. I conflitti tra cosciente e inconscio si svolgono tra memoria organizzatrice ed auto-organizzazione memorizzata.
Come ha suggerito Morin (33) la contraddizione tra l’assimilazione organizzatrice di alee, il suo fissarsi troppo sistematico nella memoria corticale, nonché il loro continuo emergere allo stato conscio, può determinare la coscienza schizofrenica inibita, come l’ha descritta da Bateson (4).
L’assimilazione dell’aleatorio e la sua fissazione in memoria conducono alle attività più elaborate della coscienza cognitiva, che stabilisce vere e proprie mappe spazio temporali dell’ambiente circostante, che sono complicazioni delle correlazioni senso motorie.
ll processo di apprendimento per auto-organizzazione, non guidato dall’esterno, prevede che un sistema posto in un ambiente nuovo crei, in qualche modo, i patterns che in seguito lui stesso si condizionerà a riconoscere. Si può pensare che i patterns vengano a formarsi in modi differenti o attraverso un aumento della varietà o attraverso la reintroduzione degli stessi nella percezione, che andranno così a modificare quest’ultima che modificherà di conseguenza ancora i patterns in un processo senza fine.
Il nostro sistema cognitivo può essere visto come un sistema interpretativo, una fissazione nella memoria dei meccanismi di costruzione del senso a partire da non-senso, che altrimenti sarebbero automatici ed incoscienti.
Per collegarmi nuovamente ai processi psicopatologici si potrebbe considerare il delirio come la fissazione ad un certo stadio del processo interpretativo che resterebbe bloccato ad alcuni patterns immutabili, attraverso i quali i nuovi eventi verrebbero riconosciuti senza feedback modificatore.
In questo modo a poco a poco crescerà l’ambiguità finché il sistema sarà costretto a chiudersi in sé, in un processo di auto conferma. Così la caratteristica del delirio non sarebbe la presenza dell’immaginario bensì la conservazione troppo sistematica e troppo rigida di stati di auto-organizzazione, che normalmente dovrebbero susseguirsi modificandosi.
Parlare allora diviene sinonimo di “emergere alla coscienza”, un certo linguaggio esiste, ancor prima di essere espresso,, come forma di immagazzinamento dell’informazione nella nostra memoria. Ecco sorgere allora il dubbio, chi parla? Una domanda veramente impossibile, sembra che lo stesso processo anonimo di auto-organizzazione oltre a costruire l’avvenire determini anche il passato, tutto quanto sembra già deciso nello stato inconscio dell’individuo.
Nel considerare il sistema nervoso si devono tener presenti alcuni principi che aiutano a farsi un’idea dell’organizzazione, quindi della ridondanza riscontrabile, interna presente, del sistema e della autodeterminazione.
Il “principio della codificazione indifferenziata” di Maturana (27), afferma che l’attività elettrica di una cellula ricettiva (come di tutte le cellule nervose) codifica soltanto l’ordine di grandezza della perturbazione che ha causato la sua attività , ma non la natura fisica dell’agente perturbatore. Per correlare tali quantità con le qualità che codificano c’è bisogno del famoso accoppiamento di attività senso-motorie dove si viene a costituire l’anello senso-motorio.
Un altro principio riguarda gli “stati di attività nervosa, sempre di Maturana (27), e sostiene che a meno che essi non implichino la loro origine (mediante eventi concomitanti, loro localizzazioni o mediante le conseguenze delle nuove interazioni che originano) non vi é alcuna possibile distinzione tra gli stati di attività nervosa generati internamente ed esternamente.
Questi due principi ci dimostrano come sia fragile il concetto di realtà che possediamo, come sia dipendente da una continua riorganizzazione etichettante, attraverso codici differenti, e come abbia bisogno di una costante conferma.
A riguardo vi é un lavoro di Anthony Wilden (46) che sottolinea le differenze tra la civiltà cosiddetta fredda dove manca la scrittura ed esiste una memoria incarnata letteralmente nei suoi elementi, dove tutto quanto é riferito ai credo della cultura tramandata; e la civiltà calda dove la sola lettura del giornale il mattino o l’assimilazione giornaliera della pubblicità costituisce un ricordo ed un rinforzo del codice totale della cultura, un ancoraggio continuo al comune senso di realtà .
Ma sostanzialmente se nella cultura fredda tutto era catastrofe tutto era possibile ed era atteso, allora non vi era catastrofe, nella cultura calda il senso del conosciuto é così elevato che non può passare nulla che non sia contemplato dall’ordine stabilito, per assurdo la nostra rigidità non conosce la possibilità ma solo il vincolo del disegno tracciato.
Il cammino culturale si é dimenticato che la mappa non è il territorio, che la realtà è il frutto di un comune accordo implicito, che si vive continuamente nel mondo del “come se”.
CONCLUSIONE.
Al termine del mio lavoro vorrei esporre brevemente, alla luce di quanto emerso attorno agli sviluppi dell’epistemologia della seconda cibernetica, come possono svilupparsi programmi e strategie (vincoli e possibilità) dell’individuo computante.
Si può intendere il cervello umano ed in modo correlato l’intelligenza, il carattere, la personalità come il frutto della determinazione degli eventi/esperienze della vita del soggetto, nonché la determinazione della sua cultura (intesa come capitale di informazioni e programmi, sapere. saper fare, comportamenti), e non ultimo del suo programma genetico.
L’autonomia fenomenica degli esseri viventi esiste, d’altronde, solo nel paradosso della dipendenza deterministica dell’ambiente e dei geni; è da questa assoluta dipendenza che viene a costituirsi l’autonomia (auto-organizzazione).
L’individuo possiede in sè autonomia, differenza, singolarità, devianza, ma é al contempo essere meta-individuale é dunque dipendente, appartenente, rappresentativo, conforme. Come afferma Morin (31): Una minima azione, reazione, interazione, retroazione del minimo essere vivente esige e implica una computazione. L’essere vivente computa in permanenza, e la computazione, in questo caso, é l’essere stesso”.
La nozione di soggetto comporta fondamentalmente una dimensione logica. Ogni computazione dell’essere-soggetto è un atto di calcolo e di cognizione al contempo, ma anche un atto di distribuzione di valori (vero-falso, utile-nocivo, buono-cattivo ecc.).
Il computo (facendo un parallelo con il cogito Cartesiano) elabora dati in modo organizzazionale; é possibile arrivare a dire che ogni atto di organizzazione del vivente comporta una dimensione cognitiva, o come afferma Maturana (27): “I sistemi viventi sono dei sistemi cognitivi ed il processo vivente in quanto tale e un processo di cognizione.”.
Nel momento che ogni atto di organizzazione del vivente è un atto di auto- organizzazione, occorre supporre che la dimensione cognitiva di tale organizzazione sia auto-cognitiva. Il computo ha infatti il compito fondamentale di tradurre gli avvenimenti (eventi) in informazioni (rappresentazioni) come dati da computare nell’auto-cognizione.
E’ attraverso lo sviluppo dell’azione esterna dell’individuo computante che é andato sviluppandosi l’apparato neuro-cerebrale (insieme di sensibilità, soggettività e intelligenza intesa come correlazione senso-motoria).
L’individuo in questo modo diviene molto più di un essere computante, si trasforma in un essere competente, detentore di potenzialità strategiche nella conoscenza e nell’azione. A trainare, nel corso dei secoli, tale sviluppo di potenzialità é stata la mancanza, in ambiti differenti, di doti bio-fisiche sufficienti allo sviluppo della specie.
Tale sviluppo ha inevitabilmente scisso l’individuo tra il suo psichismo, l’essere computante strategico, ed il suo biologismo, l’essere programmato. L’anello stretto é tra conoscenza ed azione, ogni progresso dell’azione va a vantaggio della conoscenza, ed ogni progresso della conoscenza giova all’azione.
La conoscenza non tratta unicamente informazioni, si interessa sopratutto dell’organizzazione e dell’integrazione delle rappresentazioni (configurazioni mentali, che si costituiscono a partire da impulsi-stimoli dei recettori sensoriali), che richiedono un’attività cerebrale che disponga di strutture e modelli tali permetterne l’organizzazione.
La conoscenza ha bisogno di una strategia per articolarsi, l’arte della strategia è l’intelligenza. La differenza fondamentale della strategia nel confronti del programma é che questa si fonda non soltanto su decisioni iniziali di attivazione ma anche su decisioni successive, prese in funzione dell’evolversi della situazione, capaci di produrre modifiche delle catene programmate.
L’individuo possiede molti programmi che si é creato nel corso della sua esistenza, nati da sviluppi strategici dimostratisi funzionali e quindi standardizzati In programmi. L’apprendimento, ad esempio, può essere considerato come un insieme di successivi programmi all’interno di un unica strategia cognitiva, a sua volta parte di un programma biologico, frutto di una strategia sociale, opera di un programma all’interno di altre strategie ecc.
Programmi e strategie si richiamano ricorsivamente, le strategie sono l’opportunità di utilizzare delle sequenze programmate che economizzano energie, tempo, attenzioni e permettono il pieno impiego di competenze strategiche nei momenti decisivi.
Il programma nasce da una strategia e non viceversa, così é più semplice passare da una strategia ad un programma che non dal programma alla strategia. Come afferma Morin (31): “La strategia presuppone, da parte del soggetto, la capacità di utilizzare in modo inventivo ed organizzato, per la sua azione, i determinismi e le alee esterne; essa può quindi essere definita il metodo d’azione proprio di un soggetto in situazione di gioco, un metodo per Il quale egli, per raggiungere i suoi scopi, si sforza di subire al minimo e di utilizzare al massimo le regole (vincoli, determinismi), le incertezze e i rischi di tale gioco.”.
E’ solo attraverso le strategie che si sviluppa l’autonomia e quindi la soggettività, perché unicamente la strategia cognitiva comporta la possibilità di discriminare il nuovo, il programma non ne prevede l’esistenza, la strategia attiva (azione) al contrario l’utilizza.
E’ attraverso l’evento (ciò che non é prevedibile) che si attiva l’individualità del soggetto, se la natura non fosse un cozzare di eventi imprevedibili non avrebbe senso la soggettività, tutto sarebbe conformato ad un unico programma biologico, é la differenza che si crea da tale natura che dà forma all’individuo-soggetto.
L’individuo soggetto della vita é soggetto alla vita, la sua cognizione è strategia cognitiva, la sua azione é strategia attiva; l’esistenza é dunque soggetta ad una situazione di gioco (regole) nella quale si creano alternative, dove esiste possibilità di scelta o decisione, dove sono attivate strategie capaci di trasformare, in funzione delle scelte fatte, i vincoli e gli eventi che si oppongono all’azione.


Escher

INDICE
Prefazione. Introduzione.
Dalla prima cibernetica verso la costruzione di una nuova epistemologia.
Nuovi orizzonti oltre la scatola nera.
L’epistemologia secondo Bateson.
Dalle premesse classiche alla riorganizzazione del significato
Verso una teoria dell’osservatore; von Foerster: Note per un’epistemologia degli oggetti viventi.
L’emergere della complessità, il passaggio da un’epistemologia della rappresentazione ad un’epistemologia della costruzione.
L’evoluzione cibernetica.
La biologia ontologica di Maturana. Biologia della cognizione Psicologia e complessità, uno studio della mente come sistema ricorsivo.
Il vincolo non limita semplicemente i possibili ma è anche opportunità . (Prigogine Stengers)
Contributi differenti ad una nuova epistemologia.
La parola nel pensiero di von Foerster.
Tra teoria e pratica nell’evoluzione della conoscenza.
La conoscenza come azione nel pensiero di Maturana e Varela.
Dominii comportamentali dell’organismo autopoietico.
La comunicazione come fenomeno sociale.
Sistemi e loro autocreazione di significato attraverso il rumore.
Atlan e i sistemi auto-organizzati.
Considerazioni sull’organizzazione del sistema nervoso.
Elementi circonstanziali all’ordine delle psicopatologie.
Conclusioni.
Bibliografia
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Nuove aggiunte:
Maturana H. [1990]. Autocoscienza e realtà . Raffaello Cortina Editore. Bateson Gregory [1997]. Una Sacra Unità : Altri passi verso un’ecologia della mente.
[A cura di Rodney E. Donaldson]. Adelphi Edizioni Milano.
Bateson Gregory & Mary Catherine Bateson [1989]. Dove Gli Angeli Esitano. Adelphi Edizioni. Milano.
von Glasersfeld Ernst [1989]. Linguaggio e Comunicazione nel costruttivismo radicale. Metope: Clup, Milano. ISBN 88-7005-860-3.
VarelaFrancisco, Thompson Evan & Rosch Eleanor [1992]. La Via di Mezzo della Conoscenza. Feltrinelli.

Marco Chisotti