Dubbi e certezze tra conscio e inconscio.
Mi sto accorgendo studiando le neuroscienze, che il modo più semplice per capire le cose e quello di viverle su me stesso, con tutti i limiti che questa esperienza può avere senso che l’unica attività fluida e continua che riesco ad avere.
Ho una consapevolezza chiara su alcune mie abilità mentali, ma mentre ho chiarezza dei limiti di come la mia mente (cervello) si è organizzata nella mia crescita, lasciando ad esempio poco spazio alla memorizzazione dei nomi propri, delle mie abilità proprio non ho consapevolezza essendo queste più basate su un approccio intuitivo, vedo e riconosco alcuni effetti positivi, non sono in grado di stabilire la natura di alcune mie abilità.
Credo che l’attività di base della coscienza non consapevole di noi stessi, il se basale, considerando il lavoro di Damasio, basandosi sulla attività corporea, risulta facilmente confrontabile con le abilità cognitive di altre persone, tutti possediamo un corpo ed è facile riscontrare che questo corpo è molto simile a quello degli altri, di conseguenza la consapevolezza di base del proprio sé si può dire che e simile almeno nella qualità, dissimile nella quantità, si appoggia all’attività del nostro cervello rettile, un cervello antico comune a tutti gli animali.
La nostra coscienza, di grado superiore, quella del Core, per intenderci, il secondo livello di coscienza per Damasio, quello emotivo basato sull’attività del cervello mammifero, impegnato nelle relazioni con gli altri, nel loro riconoscimento, ed alla base di tutti i processi di memorizzazione affettivi emotivi cognitivi, porta come conseguenza uno stretto legame continuativo, e di identificazione specifica, dove la percezione è seguita da una stretta attività di riconoscimento, che sfocia in un attaccamento duraturo all’esperienza.
Arrivando al terzo livello di «giudizio», Per usare un termine giuridico molto diffuso, abbiamo il sei cosciente a capo del processo identificativo di noi stessi, il se autobiografico. Entrando nel mondo delle idee e delle rappresentazioni per immagini delle sequenze esperienziali che viviamo, il terzo livello di coscienza si complessifica molto, Lasciandoci in balia della nostra parte creativa, associativa, che attinge dalla esperienza di base nel primo livello di coscienza, la consapevolezza di esistere attraverso un’esperienza fisica, attinge a un secondo livello di conoscenza emotiva, dove è forte il riconoscimento di tutte le esperienze e memorizzate ritenuti importanti nella nostra vita.
È qui che mi riallaccio alla mia esperienza personale, la consapevolezza che ho dei miei limiti e Chiara per gli insuccessi che ottengo ogni volta che cerco di memorizzare dei nomi di persone, il risultato è che perdo delle abilità cognitive un livello superiore, organizzativo, produttivo, tanto che il più delle volte rinuncio a migliorare la mia memoria nei nomi, e mi lascio trasportare dalla mia creatività, intuitiva, di un lavoro che non considero a livello di coscienza, ma piuttosto inconscio, complesso, con molte sfumature di tipo organizzativo linguistico, più che l’intelligenza cognitivo logico o verbale.
Quando una persona sta a fa una cosa, pertanto che questa cosa che sa fare lo è impegnato per anni, non si rende assolutamente conto della complessità operativa che sta a monte di quell’esperienza. È incredibile vedere persone all’opera dopo anni in una certa attività, sono in grado di parlare d’altro mentre eseguono compiti molto complessi, la loro mente postare altrove e loro processo di memorizzazione, di automatismo, è talmente elaborato che procede in modo autonomo, anche in attività molto complesse di tipo artigianale, spesso si passano momenti di completa automatismo, al pari di tutto quello che noi conosciamo talmente bene, come camminare, che ci permette di parlare pensare comunicare contemporaneamente al camminare stesso.
Quello che mi prende nell’analizzare questi processi cognitivi che mi affascinano, consapevole di quanto poco lasciamo spazio a riconoscere queste abilità di fondo della nostra vita, in effetti solo gli studi sull’intelligenza artificiale e mettono in luce quanto è difficile emulare il comportamento umano, è che nel procedere nel ragionamento ci perdiamo connotando di significato di volta in volta le cose che andiamo a dire, a pensare, ricordare, con un bello di dispersione e spesso notevole ritroviamo il filo del nostro discorso..
La stessa attività che qui in questo momento adopero, dettare al mio smartphone l’articolo che intendo scrivere, con il tentativo non sempre ben riuscito di sistemare le cose una volta dettate, è un’attività da fantascienza se consideriamo anche solo qualche decade fa, una delle mie fisse maggiori negli anni 80, era proprio quella di poter parlare col computer e che lui mettesse nero su bianco ciò che dicevo, oggi lo faccio con estrema naturalezza, mi faccio leggere le cose, detta i miei pensieri, e il risultato e per me affascinante, Lo considero veramente un punto notevole di sviluppo di quel «fare», che la mia intelligenza estremamente pigra, oggi si permette di fare.
L’unica cosa che emerge da questa attività di dettatura, e che mi perdo più facilmente ancora in quello che voglio andare a dire, cresce il numero di intuizioni, diminuisce il lavoro di concentrazione organizzativa, ma scrivendo più per manifestare un mio esserci a questo mondo, mi consolo col fatto che poche persone arriveranno a questo livello di lettura e dunque per lo chiedo scusa della mia imprecisione, e della mia scarsa volontà a vincere la pigrizia basale di rileggere ciò che vado a dire.
Rimanendo negato le mie esperienze come fonte di conoscenza per me, leggendole naturalmente in chiave neuroscientifica, e quello che posso permettermi di fare, utilizzando quello che è il modello che ritengo più completo al momento tra le neuroscienze, quello di Damasio, credo che a livello affettivo emotivo si fissino proprio dei marcatori di esperienza, nel tempo ho notato cambiamenti nella mia affettività, un tempo nero completamente assorbito, oggi riesco a guardarmi dall’esterno, almeno in alcuni momenti, riesco a rendermi autonomo più di un tempo a livello emotivo vero. La parola vero che ho aggiunto qua in fondo alla frase precedente, in verità è venuta fuori dalla dettatura, non so come, fa parte di quei processi di ibridazione tra l’attività cognitiva e quella Dell’intelligenza artificiale che sto adoperando nel dettare le mie parole ed i miei pensieri. Sono convinto che le nostre esperienze siano costantemente ibride, e che è un successivo livello di consapevolezza, quello autobiografico per l’eccellenza, va ad arricchire queste esperienze in modo completo, dandogli un senso compiuto, e dunque assorbendo tutti gli ibridi che possono maturare d’oca del lavoro. Ecco il mio modo di procedere nel ragionare, qui con voi, come i momenti in cui lo faccio per conto mio, è proprio questo, legare assieme le cose, e dare un senso compiuto a quello che emerge è ciò che sento che più spesso accade.
Ad esempio il dubitare, è una delle attività più difficili credo, dal momento che mette in forse ciò che noi e consolidato, credo che ho imparato a dubitare lentamente nel tempo, partendo da posizioni molto ferme nella mia giovinezza, oggi mi sento di essere molto più sfumato nei miei giudizi. Quello di avere abbassato il livello di giudizio lo considero un mio pregio, mi permetto di andare d’accordo con persone molto diverse, noto che questo giudizio al contrario si accanisce quando sono in uno stato di collera, capisco quanto sia complesso quel che ho io in testa, ed avete anche voi, una massa enorme, 86 miliardi per la precisione, di neuroni cellule che non sanno fare nulla, se non coordinare ed organizzare l’intera attività della nostra vita, non sanno fare nulla di particolare se paragonate alle altre cellule che compongono il nostro corpo, ma fanno tutto assolutamente tutto, ci danno la possibilità di esserci e questo è stupefacente.
Ho sempre cercato di superare i miei limiti, ricordo che nelle attività fisiche ogni anno la scuola organizzava delle gare, era molto bravo nella velocità, negato nella resistenza, e pure andavo a fare spesso gare di resistenza riducendomi in uno stato pietoso perché non avevo voglia di allenarmi a sufficienza, ma amavo vincere, continua ad amarli vincere con il minimo sforzo, il risultato è spesso pietoso ah ah ah.
Riconosco che conoscersi è bello, è una forma di meditazione molto particolare, dove usi l’intelligenza per capire te stesso, non capisci bene cosa sia questa intelligenza che usi ma nell’auto proclamarti senti di esistere, la consapevolezza e l’unica esperienza di presenza che possediamo, immergersi nella propria consapevolezza e essenziale se si vede ridere capire il nostro esistere.
Ricordo che ho passato buona parte del liceo e combattere con mia mamma che mi spronava allo studio, giustamente dal suo punto di vista per poter passare gli esami mega mentre io passavo ore ore a scrivere, con la netta sensazione di scrivere della vita, della conoscenza, della saggezza. la conseguenza è stata che la mia media era sempre molto bassa mentre la mia curiosità saliva alle stelle. il risultato è che oggi sono molto molto curioso, ma molto scarso nella conoscenza in generale, la mia memoria, che definisco di «RAM limitata», è sempre pronta a soddisfare la mia collega sita in modo costruttivo, ma assolutamente pigra nell’aggiungere quantità di conoscenza, lasciandomi sempre come un bambino che conosce le cose per la prima volta.
Naturalmente a questo punto mi sono perso più volte, e questo mio modo di procedere discorsivo, mi farei portare l’attenzione su tutti quei processi cognitivi che si attivano contemporaneamente durante il nostro pensare, e che alla fine ci portano a voler completare il tutto dando senso a quel che diciamo, pensiamo, scriviamo.
Conoscere mi lascia sempre un po’ triste, conoscere porta a finire, e fino a che è un definire la cosa è bella, ma quando il definire diventa un finire perché si è conosciuto abbastanza, sia soddisfatta la propria parte curiosa, si chiude sipario e tutto molto triste, finisce una storia, finisce una vita, è tutto molto triste. Credo che la morte sia poi questo momento prima che si paio si chiuda abbiamo bisogno di pensare che possa continuare, un momento prima e ora, anche anni prima della fine, molte persone hanno bisogno di vedere un futuro che continua, lo considero un gesto molto puerile ma bello proprio perché nasce dalla spontaneità di un bambino che vede un senso compiuto in ogni cosa. Le cose finiscono perché si consumano, perché girano poi a vuoto, perché le spiegazioni che siamo dati sono sufficienti, perché non abbiamo più tempo, perché dobbiamo tenere fede a certe cose, perché in fondo non siamo liberi. Ho molta difficoltà a ricordare i sogni, mi capita però molto spesso di sognare a occhi aperti, e dunque recupero tutto il mio mondo creativo in ogni momento.
Dunque dai Lauri dubbi, dubitare importante perché permette di non affermare, di lasciar andare, di lasciar correre, ma di certezze ne abbiamo sempre bisogno e dunque allora vado ad avviare la mia giornata, fino ad ora sono rimasto nel letto a dettare quello che state leggendo, nel buio, in attesa che la luce della giornata con tutte le sue necessità, e suoi impegni, mi permettano di scrollarmi di dosso quella pigrizia che troppo spesso mi fa pensare a voi come interlocutori privilegiati della mia vita, ma non mi fa aprire la mia mente a lavorare per voi.
A conclusione di questa mia pensata mi, ho la sensazione di ripetermi sempre Meldola e sono parecchio ossessivo compulsivo nel mio atteggiamento cognitivo, e non solo, ho bisogno di rimanere sul pezzo a lungo, per acquisire la consapevolezza di aver capito, compreso, per riuscire a rendere esportabile ciò che conosco. Spero di non essermi prolungato troppo in questo ennesimo excursus, ma quest’anno più che mai e per me l’anno della coscienza, e credo sia un anno che si prolungherà ancora parecchio visto che la considero alla base di ciò che merita veramente approfondire del cammino della scienza. Torno a ringraziare e lavori da Damasio, perché sebbene sia complesso e difficile, lo considero molto completo, è un pieno tentativo di arrivare a parlare di stati mentali in un mondo di psico conoscenze a differenti velocità. In più considera il suo un lavoro che parte da presupposti corretti, aldilà che si conoscano veramente i tre livelli Psico Bío Emotivi in cui continuamente viviamo, non possiamo prescindere da questi livelli, sebbene complesse, per arrivare ad avere un modello unico e condivisibile da cui partire per declinare il senso dell’essere.