Un secolo al singolare.
Marco Chisotti
«La scarpa che sta bene ad una persona sta stretta ad un’altra: non c’è una ricetta di vita che vada bene per tutti.» C. G. Jung
Mi sono ritrovato a pensare ad un individuo controverso, credo che questo sarà un anno controverso per me e allora voglio portarvi alcuni spunti di questo modo di essere più che di pensare nella psicologia transpersonale di Carl Gustav Jung.
I secoli passati sono stati perlopiù interessati allo sviluppo sociale, e dalla competizione sociale. Il nostro secolo si è interessato dell’individuo e del suo mondo, e il suo mondo interiore. Il primo sincero interprete di questo grande cambiamento che ha saputo inquadrare la psiche In modo quasi poetico, aldilà del contesto medico scientifico, è stato Carl Gustav Jung.
Il principale mito in cui noi ci troviamo a vivere oggi è il mito della conoscenza, cerchiamo costantemente spiegazioni e comprensione, non ci accorgiamo che stando detto un mondo non possiamo descrivere il mondo a prescindere dalla cultura in cui siamo immersi.
Il concetto della seconda cibernetica che mette a fuoco l’individuo come prima matrice di ogni significato si allontana dalla possibilità di una spiegazione ontologica veritiera, tutto quanto è relativo, tutto dipende da una figura sullo sfondo, da un processo su una forma, la nostra continuità cognitiva che dettata a priori della nostra mente collettiva non ci può riservare da questo errore.
«Un uomo che non è passato attraverso l’inferno delle sue passioni non le ha superate.» Carl Gustav Jung
La spiritualità non è un trastullo della mente e qualcosa di cui ci si deve nutrire, e qualcosa che tiene viva la mente, intesa come unione di cervello e corpo, in tutte le sue fasi di crescita e di vita.
«Se non capiamo le immagini dell’inconscio, o rifiutiamo la responsabilità morale che abbiamo nei loro confronti, vivremo una vita dolorosa.» Carl Gustav Jung
Jung si rese conto del carattere soggettivo di ogni dottrina psicologica prodotta dalla mente di un uomo, fu questo l’elemento che lo rese diverso da Freud
«Nessuno cede alla suggestione a meno che non desideri, nel profondo del suo cuore, conformarsi ad essa.» Carl Gustav Jung
I miti come i sogni aiutano le persone, in modo collettivo, a sintonizzare i propri desideri e le proprie necessità, l’umanità cammina su due fronti diversi uno individuale, ed uno collettivo. Il mito fa parlare le anime, le fa sognare, fa condividere i bisogni spingendo i cambiamenti.
Con il concetto di archetipo Jung Ray inserisce nel collettivo l’individuo, gli archetipi sono tipologie di persone, di personaggi meglio inteso, che compongono i miti collettivi. Attraverso l’individuazione del problema che tipo l’individuo si muove in sintonia col gruppo, ha un ruolo e si sincronizza con gli altri. Aldilà delle sue personali tendenze, l’individuo è sempre collegato ad un gruppo di riferimento, è continuamente in assonanza cognitiva col gruppo. Allo stesso modo è però in sintonia con la sua continuità cognitiva, quelle immersione nella propria vita, nel proprio mondo inconscio, sede della sua identità, e della sua storia.
«Il pulcino non hai imparato il modo con cui uscirà dal luogo: esso lo possiede a priori.» Carl Gustav Jung
Gli archetipi esistono aldilà delle culture, dell’origine delle persone, sono qualcosa che ci precede, probabilmente sono alla base dell’orientamento del pensiero stesso, dunque si difficile consapevolezza.
Quando analizziamo la persona, le strappiamo la maschera e scopriamo quello che sembrava individuale, alla base e collettivo. Carl Gustav Jung
Nella dicotomia mente e corpo si annida la visione polare di Jung, la parte maschile e la parte femminile dell’individuo sono presenti nella stessa mente, considerata l’unione del cervello e del corpo. Nei poli opposti si potrebbe vedere la stessa struttura del cervello, i due emisferi che possono tranquillamente manifestare tipologie diverse di come interpretare la vita stessa.
Da sinistra in basso: Sigmund Freud, Stanley Hall, Carl Gustav Jung. Fila in alto da sinistra: Abraham Brill, Ernest Jones, Sandor Ferenczi
«Non vi è nulla di più difficile da tollerare che se stessi.» Carl Gustav Jung
L’ombra e quella parte di noi nascosta, la parte inconscia per quanto non conosciamo il suo modo di essere, per quanto conoscendolo cerchiamo di nasconderlo. Curioso come nella storia di tutte le fiabe ci fosse il male, il cattivo, la manifestazione di un Se che nessuno desidera ma che giocoforza è presente nella vita. L’ombra e la dimora dei mostri che abbiamo dentro di noi, la contropartita di quello che desideriamo per gli altri quando stiamo bene con noi stessi.
«In ogni caos c’è un cosmo, in ogni disordine un ordine segreto.» Carl Gustav Jung
Nella sua visione Jung considera l’inconscio come uno scontro tra opposti, come uno scontro tra opposti, bene e male, amore odio, vita morte, quando si vivono questi contrasti la psiche ne patisce e somatizza nel corpo.
Il disagio dunque non è solo uno sfogo di uno stallo esistenziale ma un bisogno di cambiamento, il bisogno di cercare una strada differente.
«Dove l’amore impera, non c’è desiderio di potere e dove il potere predomina, manca l’amore. L’uno e l’ombra dell’altro.» Carl Gustav Jung
Si cresce continuamente nella contrapposizione tra il bene e il male, nel prendersi cura degli altri, nella relazione d’aiuto, si cresce quella parte di noi personale che proprio come l’ombra svanisce con la luce, senza però poter esistere senza di essa. Credo che questo paradosso è ciò che ci accompagna la luce ci fa svanire e il buio ci fa morire, la lotta è sempre tra l’apparire e lo sparire, tra l’essere e il non essere, con tutte le analogie che ci portano nella letteratura e nella poesia dell’animo umano.
«L’uomo cresce secondo la grandezza del compito.» Carl Gustav Jung
Se vogliamo capire un individuo non dobbiamo solo guardare da dove arriva ma dobbiamo intendere dove vuole arrivare, lo scopo, il fine rende intelleggibile la persona, al di là di una presenza assenza che può essere strategica, ciò che conta è l’intenzione, la percezione come sentire è diversa dalla percezione come essere che prevede una storia, un inizio e una fine.
Nei popoli antichi, di origine tribale, il pensiero ricorreva alla animismo, la natura era come l’individuo portata a fare le cose e a vivere con l’intenzione, tutto quanto era Magico, intenzionale, e tutto quanto era la misura dell’individuo, nel senso che l’individuo vedeva se stesso nella natura e in tutte le sue parti.
«L’irrazionale non deve e non può essere estirpato. Gli dei non possono e non devono morire.» Carl Gustav Jung
È bello vedere nel pensiero di Jung una collocazione del mondo spirituale che abbraccia il divino, questo distaccarci dalla natura creando più Dei, come nella Grecia antica, fino al mono ideismo della nostra realtà attuale dove Dio è invisibile è lontano.
Dio è parte di noi come archetipo esistenziale, ognuno di noi possiede un’idea di dio sia negandolo sia approvandolo. Questo bisogno di Dio è stato espresso a livello sociale con tutte le forme politiche di socialismo di destra e di sinistra, imponendo un Dio nel popolo, imponendo un Dio nelle masse.
Trovo molto sensato ritornare alle scienze umane come riferimento a darsi che è umana, lasciando la scienza della precisione, del vero, considerando che la realtà non può essere altro che una nostra invenzione senza necessarie verità. La verità è l’invenzione di un bugiardo ci dice Heinz von Foerster E dunque la realtà stessa è una nostra invenzione come tale deve essere inserita in una storia perché possa farci da guida, ma la storia non è ancora stata raccontata, perché non è solamente ciò che è stato a guidarci ma è quello che desideriamo che sia che ci può guidare a quell’essere in divenire quali siamo tutti noi.
«La vita umana e un esperimento dall’esito incerto.» Carl Gustav Jung
La vita è un continuo esperimento, molta parte della nostra vita la poniamo nella guida, nel guidare la vita stessa, ci collochiamo nel cervello e da li teniamo tutto sotto controllo, questa pia illusione ci accompagna rimanendo stretta alla gola ed allo stomaco, nel senso che ci porta continua malinconia e rabbia.
«Vidi il serpente nero salire, strisciando, lungo il legno della croce. Penetrò nel corpo del Crocifisso, per uscire poi, trasformato, dalla sua bocca. Era diventato bianco.» Carl Gustav Jung
Con l’amaro in bocca trasformiamo il pensiero nei fatti pensando al bene viviamo il male, dovremmo al contrario vivere il bene e lasciare all’ombra, quella parte di noi che vive nell’opposto del male il senso del bene, il compito di elaborare quel male oscuro che ci tiene lontani gli uni dagli altri. Noi abbiamo bisogno del male per distinguere il bene, dobbiamo fidarci del nostro inconscio ombra capace di vedere il bene contrapposto a quel male, al male dell’anima.
«La società è organizzata non tanto dalla legge quanto dalla tendenza all’imitazione.» Carl Gustav Jung
Fingere per essere, la funzione essenziale dei nostri neuroni specchio dell’empatia e la compassione, ci teniamo lontani dal nostro simile per timore di perdere la nostra stessa identità.
A Jung il merito quale psicanalista di aver riportato la visione interiore dell’esistenza da quel mondo sociale di massa che ha dominato nel 18o secolo, con la psicoanalisi per tutto il 19o secolo ci si è espressi a livello individuale, ricollocando l’anima nell’individuo, pur mantenendo un inconscio collettivo, si è portata avanti un’idea di inconscio individuale. Il 21o secolo sto ancora scegliendo la direzione sicuramente non è ancora esaurita la vena individuale, nelle neuroscienze ci sta il mistero di quella complessità che non possiamo dominare ma che pur appartenendoci ci confonde.
Quest’anno mi interesserò di crescita personale vuoi perché ne sento una grande esigenza mia, vuoi perché vedo troppo spesso i giovani chiusi nella loro dimensione solipsistica, attraverso i social network sei un come rinchiusi a osservare il mondo, al giudicarlo senza il viverlo Credo che ogni nuova generazione sia gli occhi della vecchia generazione un po’ così, un po’ più introspettiva e disimpegnata di quanto non ci si senta dessert stati protagonisti nella nostra vita di un mondo d’azione e di reazione. Credo che la crescita vado a pensata per la gita al contempo e non si può dire quanto tempo ci voglia per pensarla, sebbene tutto questo pensare tolga spazio alla vita stessa. Se non ci si sente e preparati è inutile muoversi si finirebbe per credere davvero sbagliato strada. Non c’è una strada giusta, per questo devi partire quando ti senti d’esser cresciuto abbastanza per poterlo fare.