Quando succedono le esperienze?
Esiste sempre un prima ed un dopo che va oltre al principio cronologico e causale degli eventi.
In verità non esiste modo di stabilire quando una catena di eventi inizia o finisce, tutto potrebbe appartenere ad un unico incessante concatenamento di eventi, e tutto potrebbe esser suddiviso in piccole porzioni di esperienza distinte le une dalle altre.
L’unico modo per uscire dall’impasse è quello di punteggiare “arbitrariamente” o “accademicamente” l’evento, le due cose però non sono altro che ordini differenti di punteggiature.
Come accadono le cose?
Le cose accadono per come accadono! Solo una tautologia può fermare le possibili ipotesi esplicative sul come avvengono le cose. Dipende tutto dagli occhiali che mi metto, o dal cappello che uso, o dall’abito che indosso.
Dove avvengono le cose?
Sono i confini che delineano gli spazi entro cui circoscrivere un evento. Ma i confini sono dettati da convinzioni, credenze, desideri, volontà, la vita intera è mappata da continui confini che si ampliano, si restringono, si modificano continuamente.
Chi determina il vissuto di un esperienza?
Il protagonista di un esperienza può essere l’osservatore o l’osservato, a seconda della posizione che si prende cambia lo scenario. Contenuto e contesto, figura. e sfondo, ogni esperienza è dettata dall’essere osservatori o osservati di eventi, ma il ruolo non è definito a priori, si definisce piuttosto all’interno della dinamica che si sviluppa tra i protagonisti dell’evento stesso.
Perché succedono le cose?
I perché sono la spina dorsale della causa effetto, la spiegazione alimenta la motivazione o la demotivazione. La nostra ricerca è sempre volta alla scoperta della “verità”, “L’invenzione di un bugiardo” ci ricorda Heinz von Foerster, abbiamo bisogno di certezze, mentre le certezze non esistono se non come certezze momentanee, transitorie, come nel fluire dell’esistenza la nostra vita è composta da milioni di singoli momenti irripetibili, così le certezze sono uniche e transitorie.
Il quadro d’insieme che si viene a formare è dunque. più una creazione continua che una composizione statica, d’altronde viviamo in una complessità che ha sicuramente delle sue regole le quali però superano la nostra capacità comprensiva.
L’alchimia del tempo del modo, del luogo, del chi e del perché, è frutto della complessità che spesso porta risultati inaspettati.
“Nei sistemi complessi l’imprevedibilità e il paradosso sono sempre presenti ed alcune cose rimarranno sconosciute” Edgar Morin
L’evidente paradosso che viviamo è la ricerca di una verità totale, partendo da noi stessi, piccole particelle, ed avendo una conoscenza parziale di noi stessi.
Non possiamo prescindere da come siamo fatti per dire come siamo fatti.
In effetti i problemi non sono solo epistemologici, ma non mano che specializziamo la nostra competenza cognitiva, sviluppiamo delle conoscenze specifiche, e siamo portati a vedere, percepire, sentire la vita attraverso i filtri che quella competenza cognitiva ci ha lasciati.
Esiste una legge universale che indica quanto siamo condizionati dal creare figure professionali a livello sociale, che chiedono di essere utilizzate nello proprio ruolo. Se aumento il numero di poliziotti in una società devo abbassare il livello di tolleranza affinché questi poliziotti possano avere modo di mantenere la loro competenza.
Se aumento il numero di medici o di psicologi devo alzare il numero delle malattie fisiche e mentali affinché queste figure abbiano ovviamente modo di esercitare le loro competenze.
Le mie conoscenze, come le mie competenze, dettano regole percettive, cognitive emotive con cui affrontare la nostra vita.
Le abitudini divengono obiettivi, necessità, bisogni.
Ognuno usa gli strumenti che ha imparato a conoscere, guardiamo il mondo con gli occhiali che indossiamo.
I sistemi educativi e formativi dovrebbero tenere sempre presente il principio della diversità, di quanto ci condizioniamo nella ripetizione, le abitudini mentali divengono stili di vita irrinunciabili.
Dovremmo crescere nel dubbio oltre che nelle certezze, non per indebolire la nostra volontà, bensì per temprarci al cambiamento. Mi è sempre più difficile prendere una posizione, all’inizio pensavo fosse una mia debolezza, mano a mano che passa il tempo e seguono nuove esperienza nella mia vita, cambia per me questa visione, e la prospettiva di un mio limite si trasforma nel rispetto per la diversità altrui, che frena il mio giudizio.
Credo che la vita vada affrontata con debolezza, intendendo per debolezza quella visione relativa della vita, nella quale il rispetto ed il dubbio rimangono alla base delle nostre esperienze.