La meravigliosa attitudine a pensare, ricordare, creare: la vita nell’immaginario.
La nostra abilità nel pensare ricordando e creando dell’immaginario ci rende capaci di creare un mondo, il mondo è l’emergenza, il disvelamento delle abilità cognitive della nostra mente, come corpo, cervello ed emozioni.
Con i nostri 86 miliardi di neuroni e le infinite possibilità di collegamenti, accorpamenti, congiunzioni possibili, se pensiamo che le infinite possibilità delle mosse possibili in una partita di scacchi è stato calcolato equivalgono a 1 seguito da 273 zeri, un numero di combinazioni che supera il numero degli atomi nell’universo conosciuto, e i pezzi del gioco degli scacchi sono definiti in 32 pezzi totali in una scacchiera di 64 posizioni, mentre i nostri 86 miliardi di neuroni hanno praticamente un numero infinito di possibili combinazioni tra loro.
Mi affascinano i numeri, non li amo particolarmente, ma fanno capire le dimensioni e comprendere le differenze, quello che ci manca è un termine di paragone tra noi e la conoscenza che ci sembra infinita. Quello che non teniamo in considerazione è che la conoscenza è un prodotto della nostra mente, intendendo con mente il complesso di elementi, cervello corpo ed emozioni, mentre la nostra mente costruisce per noi il nostro mondo, noi dimentichiamo che il mondo per come noi lo conosciamo è un nostro prodotto, e lo viviamo come assoluto, non come un’esperienza relativa alla nostra essenza. Il secondo principio della cibernetica è molto chiaro a riguardo e dice che noi non possiamo prescindere da come siamo fatti per dire come siamo fatti, seppur il nostro mondo, per come lo pensiamo funziona, ci da dei risultati, tutta la nostra vita gira intorno ai prodotti di questo nostro mondo, è sempre il prodotto della nostra mente.
Cosa succede nel momento stesso che non ci sono termini di paragone possibile? Intendo dire dove va a finire il nostro pensiero nel momento stesso che pensa senza confrontarsi con nulla oltre se stesso?
Noi siamo in grado di pensare, ma il nostro pensiero non è altro che una manifestazione di un esperienza intelligente, senza termine di confronto noi definiamo un assoluto, il pensiero tende all’assoluto, l’unica limitazione è il confronto nel pensare con altri pensieri, o meglio con altri pensatori, che però essendo come noi non sono altro che pensatori che producono loro pensieri, tendenti anch’essi all’assoluto.
Il mio intento non è creare un contesto filosofico, non farei altro che chiudermi nel mio pensiero, voglio solo considerare la nostra meravigliosa attitudine a creare mondi, con linguaggio e memoria, e a venderli come assoluti, reali a prescindere dal confronto, un confronto che non è possibile dal momento che i pensieri possono solo confrontarsi con altri pensieri prodotti a loro volta da menti pensanti, tali menti potranno anche di venire un giorno artificiali, quantunque non cambierà molto sarà sempre la produzione di una «verità» parziale, prodotto della nostra mente.
Per questa ragione molto semplice e pragmatica, dove la logica mi mantiene in un senso compiuto di realtà, mi sento di credere, e nel momento in cui credo costruisco qualcosa che non può esistere al di fuori del mio pensiero cosciente. La coscienza è alla base della conoscenza, senza coscienza non c’è conoscenza, il conoscere è un atto soggettivo derivato da una conoscenza collettiva, che può trovare un confronto unicamente in pensieri costruiti similmente, non può esistere un elemento esterno che possa decretare una verità come assoluta, ogni verità ed era per quanto è sostenuta da uno o molti che la credo tale.
Appurato che la nostra è un’esperienza non comparabile oltre al livello umano, dei nostri simili, non ci rimane che vivere di un pensiero relativo, nel pensiero relativo esistiamo, perché abbiamo coscienza dell’esistere, viviamo perché abbiamo la consapevolezza, attraverso nostro corpo, del vivere stesso, sentiamo la vita perché amplifichiamo il nostro vivere, trasformando le nostre sensazioni in emozioni.
È precisamente nella nostra coscienza autobiografica che noi completiamo l’essenza di noi stessi, la coscienza, a livello di memoria e linguaggio, prende un tono talmente elevato da sostenere se stessa. Coi mezzi attuali oggi a disposizione dei più, siamo in grado di donare ad ogni singola persona la capacità autobiografica, siamo in grado di vivere nella nostra storia personale, e lo possiamo fare senza bisogno di scomodare gli antenati, né di evocare i pronipoti, lo possiamo fare senza bisogno di confronto.
La cosa interessante è vedere come il senso compiuto di realtà, senso comune condiviso, sia in grado di tenerci uniti in un ideale di storia possibile, abbiamo la possibilità di raccontare storie le più strane e diverse, ma essenzialmente ripetiamo le storie che sentiamo, che riconosciamo, solo alcuni sono in grado di raccontare storie che vanno oltre i confini del mondo conosciuto, sono i visionari, sebbene siamo un po’ tutti in grado di sognare, aprire visioni possibili del mondo, solo alcuni sono visionari che creano un mondo dove ancora non c’è.
La visione contingente del nostro mondo, una visione senza confronto, oltre al nostro pensare condiviso, rende difficile trovare elementi di verità condivisibili, i mondi possibili sono talmente tanti che è arduo definirne uno sugli altri, sarebbe importante ad esempio pensare al mondo fisico in cui viviamo, ai limiti entro i quali continua esistere, oltre i quali verrà distrutto. Sarebbe utile dedicarci a questo mondo per preservarlo della sua distruzione, ma questo confronto è legittimato unicamente da una scelta orientata al futuro, orientata alla vita di chi verrà, mentre noi siamo molto legati alla nostra vita contingente, pochi possono permettersi di pensare a un futuro, pochi sentono la forza di questo confronto.
In assenza di confronto tutto è possibile, è possibile che ci sia un mondo oltre la vita terrena, o non è possibile, il pensare l’una o l’altra esperienza non ci cambia la vita contingente più di tanto, sicuramente ci viene naturale fermare chiunque voglia, vedendo a un paradiso oltre la morte, toglierci la vita e trascinarci in quell’aldilà. Le religioni si basano tutte su queste proiezioni di mondi possibili senza confronto, si basano sulla fede, ma la cosa interessante è che noi siamo costantemente immersi in una fede, una fiducia costante nel nostro mondo.
Credo che la nostra coscienza, limitata o illimitata che sia, è una necessità, nata forse come risposta evolutiva, oggi è alla base della nostra struttura sociale, alla base del nostro vivere. La coscienza, l’esperienza del nostro stato mentale, del nostro essere, è una esperienza a cui noi siamo portati per la struttura stessa del nostro cervello, la coscienza è dunque struttura dipendente, ma capace di vita propria, dal momento che è in grado di pensare creando mondi immaginari nel linguaggio e nella memoria. Sono poche le esperienze che si conoscono a livello di coscienza, l’ipnosi è sicuramente la prima esperienza che l’umanità ha conosciuto e provato rispetto al vivere in uno stato di coscienza. ad oggi è la prima esperienza che ci permette di creare un mondo attraverso un confronto ideale. Possiamo sognare un mondo, prendere consapevolezza di quello che ci serve per crearlo, e realizzarlo, sogniamo un mondo molto spesso copiandolo dall’esperienza degli altri, per imitazione, alle volte creiamo un mondo copiando il nostro immaginario costruttivo, in questo caso creando il nuovo. E creativi sono in grado di vivere uno stato di coscienza alternativo a quello condiviso, in questo modo vedono sentono e percepiscono cose che, seppur sotto gli occhi di tutti, solo lo riescono ad usare. Lavorare con l’ipnosi, con gli stati mentali, ci permette di prendere coscienza dei meccanismi alla base della vita, prendere consapevolezza reale può nascere da un confronto immaginario con un io interiore alternativo, un nostro inconscio mondo.
Credo che, al momento attuale, la risorsa migliore che possediamo sia la possibilità di creare un altro io interiore col quale confrontarci, un io incrocio, che ci permette di creare la misura del nostro divenire, che rende affascinante la nostra migliore attitudine a pensare che possediamo, un inconscio magico nella misura in cui non esiste ma che attraverso il confronto con esso ci fa esistere. Questo credo che sia il traguardo delle religioni, quel dio molto personale che tutti quanti coltivano non è altro che il nostro io, non compiuto, in divenire, un mio ancora in parte inconscio, che poco alla volta diviene espressione di noi stessi. Purtroppo non esiste questo io, se non come prodotto della nostra costruzione, in questo percorso di crescita personale non dobbiamo dimenticare il confronto con l’io dell’altro, con l’io di ogni cosa che ci circonda, solo così possiamo vivere in un mondo ecologico, solo così l’immaginario può rispettare il mondo condivisibile ed ecosostenibile.