Caffè philo “Vivere per evolvere, evolvere per vivere” Arianna Romano
“La teoria della ghianda dice (e ne porterò le prove) che io e voi e chiunque altro siamo venuti al mondo. con un’immagine che ci definisce. L’individualità risiede in una causa formale, per usare il vecchio linguaggio filosofico risalente ad Aristotele. Omero, nel linguaggio di Platone e di Plotino, diceva che ciascuno di noi incarna l’idea di se stesso.
La teoria della ghianda si propone come una psicologia dell’infanzia. Afferma con forza l’intrinseca unicità del bambino, il suo essere portatore di un destino, il che significa innanzitutto che i dati clinici della disfunzione attengono in un modo o nell’altro a quella unicità e a quel destino.
Ogni bambino, cioè, è un bambino dotato, traboccante di dati: di doti, che sono tipiche sue e che si manifestano in modi tipici, sovente causa di disadattamento e di sofferenza.
Le immagini organiche della crescita si rifanno al simbolo preferito della vita umana, l’albero, ma io voglio capovolgere quell’albero. Il mio modello di crescita ha le radici nel cielo e immagina una graduale discesa verso le cose umane. Tale è l’albero della qabbalah della tradizione mistica ebraica e anche cristiana.
L’albero qabbalistico, nella forma elaborata in Spagna nel XIII secolo, vede i rami discendenti come le condizioni di vita dell’anima, vita che si fa più manifesta e visibile via via che l’anima discende.
Le anime, che provengono da vite precedenti e soggiornano in una sorta di aldilà, hanno ciascuna un destino da compiere, una parte assegnata (moira), che corrisponde in un certo senso al carattere di quell’anima.
«Quando tutte le anime si erano scelte la vita, secondo che era loro toccato, si presentavano davanti a Lachesi [lachos, «parte, porzione di destino»]. A ciascuna ella dava come compagno il genio [daimon] che quella si era assunto, perché le facesse da guardiano durante la vita e adempisse il destino da lei scelto ». Il daimon conduce l’anima dalla seconda delle personificazioni del destino, Cloto [klotho, «filare, volgere il fuso»]. «Sotto la sua mano e il volgere del suo fuso, il destino [moira] prescelto è ratificato». (Gli viene impresso il suo particolare effetto!). «.. quindi il genio [daimon] conduceva l’anima alla filatura di Atropo [atropos, “che non si può volgere all’indietro, irreversibile”], per rendere irreversibile la trama del suo destino .
«Di li, senza voltarsi, l’anima passava ai piedi del trono di Necessità» (Ananke), o, come traducono alcuni, «del grembo» di Necessità.”
Dal testo non risulta chiaro in che cosa consista esattamente il kleros lasciato cadere ai piedi delle anime affinché ciascuna scelga il proprio. Il termine kleros può avere tre significati strettamente connessi:
a)pezzo di terra, come il nostro lotto di terreno e, per estensione,
b)lo spazio, la parte assegnata nell’ordine generale delle cose e
c) eredità, ciò che per diritto ci viene in quanto eredi.
Io interpreto i kleroi del mito come immagini. Poiché ciascuno di essi è particolare e compendia lo stile di tutto un destino, l’anima percepirà intuitivamente un’immagine che abbraccia l’insieme di una vita tutto in una volta. E sceglierà l’immagine che la attrae: «Ecco quella che voglio, che è la mia giusta eredità». La mia anima sceglie l’immagine che io vivo.
Il testo platonico chiama questa immagine della vita paradeigma, «modello» come viene di solito tradotto. Dunque quella che ricevo è l’immagine che è la mia eredità, la porzione assegnatami nell’ordine del mondo, il mio posto sulla terra, condensata in un modello che è stato scelto dalla mia anima o, per meglio dire, che viene sempre, di continuo, scelto dalla mia anima, perché nelle equazioni del mito il tempo non entra. («Il mito» scrive Sallustio, il filosofo latino del paganesimo, «non è mai accaduto, ma è sempre»).”
James Hillman, “Il codice dell’anima”, Adelphi
James Hillman
“Compito del counselor è quello di assistere il cliente nella ricerca del suo verò Sé e poi di aiutarlo a trovare il coraggio di essere quel sé.”
Rollo May, “L’arte del counseling”, Astrolabio
Rollo May
“Quello che sono è sufficiente, se solo riesco ad esserlo.”
Carl Rogers, “Terapia centrata sul cliente”, La Meridiana
Carl Rogers
“L’elemento fondamentale dell’essere umano è l’unicità. Ogni essere umano ha da dire, da pensare o da fare qualcosa che non ha precedenti. Solo l’incrostazione, il trucco, il conformismo riducono l’esistenza a una generalità. Essere uomini è una cosa sempre nuova, non una mera ripetizione o un prolungamento del passato, ma un’anticipazione di cose a venire. Essere uomini è una sorpresa, non una conclusione scontata. La persona umana ha la capacità di creare eventi. Ogni individuo è una scoperta, un esemplare unico. (…) Se si trascura la sua unicità lo si deforma. Essere significa combattere per continuare, per andare avanti, per espandersi. Ma essere uomini significa andare oltre la mera continuità. L’essere uomini si manifesta in momenti che sono come esplosioni di singolarità. la singolarità è una dimensione facilmente ignorata, minacciata dagli attacchi della massificazione. La mera continuità porta alla sospensione della singolarità, al lavoro bruto, alla devastazione interiore, alla distruzione di tutti gli istanti. Per scoprire l’ospitalità dell’essere, bisogna coltivare l’arte di superare se stessi. Una vita che si eleva al fiorire del significato è un modo per vivere il beneficio del tempo. (…) Essere uomini è insieme una possibilità e un fatto reale. (…) Essere uomini è progettare, decidere, sfidare, non soltanto andare avanti, reagire, essere un risultato.
Abraham Joshua Heschel, “Chi è l’uomo?”, Se
Abraham Joshua Heschel
Sii il meglio di qualunque cosa tu possa essere
Se non puoi essere un pino in cima alla collina,
sii una macchia nella valle, ma sii
la migliore, piccola macchia accanto al ruscello;
sii un cespuglio, se non puoi essere un albero.
Se non puoi essere un cespuglio, sii un filo d’erba,
e rendi più lieta la strada;
se non puoi essere un luccio, allora sii solo un pesce persico-
ma il persico più vivace del lago!
Non possiamo essere tutti capitani, dobbiamo essere anche un equipaggio,
C’è qualcosa per tutti noi qui,
ci sono grandi compiti da svolgere e ce ne sono anche di più piccoli,
e quello che devi svolgere tu è li, vicino a te.
Se non puoi essere un’autostrada, sii solo un sentiero,
se non puoi essere il sole, sii una stella;
Non è grazie alle dimensioni che vincerai o perderai:
sii il meglio di qualunque cosa tu possa essere.
Douglas Malloch
Douglas Malloch